LA NUOVA 
CUCINA 
DOMESTICA
Il rinnovato interesse per la cucina di casa
che si riscopre contemporanea e sostenibile

Per la prima volta nella storia, la pandemia del 2020 ha fatto chiudere tutti i ristoranti italiani (tranne uno: quello della Camera dei deputati a Montecitorio), e i bar, le rosticcerie, le pizzerie e le mense. Tutti. E non era mai successo. Nessuno lo aveva previsto.
Isolati in casa, senza possibilità di uscire per consumare il cibo (e per un primo momento senza nemmeno la possibilità di farselo recapitare a domicilio), gli italiani hanno dovuto fare una cosa che ultimamente non facevano quasi più: cucinare.

L’esperienza della quarantena la si può leggere anche come un gigantesco e collettivo corso di cucina senza precedenti, una full immersion ai fornelli per milioni di italiani costretti a misurarsi con la cucina domestica – per molti: “questa sconosciuta”.
Le settimane di lockdown hanno infatti portato alla ribalta la cucina di casa, dopo anni di predominio mediatico di chef, ristoranti e ricette patinate. Per molti è nata la necessità di imparare la cucina semplice, quella della tradizione, locale, della nonna. Un mix di creatività, economia domestica e necessità: è da lì che nascono i piatti dell’ingegno, del recupero e del conforto. Gusto, sostanza e benessere. Che la cucina non sempre è l’appagamento del proprio slancio creativo, molto più spesso è far combaciare il frigo con la dispensa, il tempo a disposizione con la lista della spesa.
E così, gli italiani si sono riparati dentro la cucina e si sono messi d’impegno a cucinare, con tenacia, orgoglio e abnegazione. Per impiegare il tempo e imparare un po’ di autosufficienza e autoproduzione, acquisendo consapevolezza che la cucina è una grande metafora di vita e insegna – tra le altre cose – ciò che è essenziale e ciò che non lo è.

Per esempio: il lievito!
Stando a una ricerca commissionata da Cia-Agricoltori, tra il 17 febbraio e il 24 maggio le vendite alimentari nella GDO sono aumentate del 13%. Si privilegiano i prodotti base della dispensa: farina, lieviti, latte, uova, pasta e vino sono aumentati complessivamente del 42% rispetto allo stesso periodo del 2019. La richiesta di lievito è andata oltre ogni previsione. Durante le 8 settimane di lockdown, il consumo di lievito di birra è aumentato di circa il 150%, quello della mozzarella per pizza di oltre il 100%.
Come ha riportato il Corriere della Sera, secondo l’analisi Blogmeter sull’uso dei social, nel periodo dal 12 al 15 marzo, analizzando gli hashtag relativi ad acquisti e consumi tra i più menzionati dagli italiani c’erano #food (5,2K) e #foodporn (5,1K). Secondo il buzz sui social, le conversazioni prendevano in considerazione i consigli di organizzazione domestica e di lievito si è parlato in ben 12K discussioni (con un aumento del 106% rispetto ai 4 giorni precedenti).
A cosa serviva tutto quel lievito? Pane! Neanche fosse facile, ma non importa: il pane è vita. Simbolo stesso dell’essere umano e del suo ingegno, il pane è stato individuato come cibo di speranza e ribellione, in risposta al senso di morte che aleggiava intorno.
Finita la quarantena che è rimasto di tutto quel cucinare? L’italiano post lockdown, come emerge dalle ricerche, è un cittadino che esce dalla crisi pandemica più attento al Made in Italy (26%), alla tutela dell’ambiente (22%), alle tipicità del territorio (16%), alla salute (15%) e al budget di spesa (14%). Usciti di casa, gli italiani sono più esigenti, preferiscono i negozi di vicinato e i mercati agricoli, i prodotti a kilometro zero. Sicuramente più bravi a cucinare, dopo le tante ore di pratica, e a fare la spesa.
Lo smart working ha prolungato per molti l’impegno quotidiano a realizzare i pasti a casa. E al ristorante? Cerchiamo piatti più tradizionali e le ricette di comfort food.
Una sorpresa imprevedibile c’è.
Un’indagine dell’Osservatorio di Waste Watcher Last Minute Market /Swg condotta dal 29 aprile al 5 maggio ha dimostrato che, a fronte di più cibo acquistato, la quantità di generi alimentari andata sprecata è tuttavia diminuita. Nei giorni di lockdown, infatti, per sei italiani su dieci nulla è finito nella pattumiera, per 1 italiano su 2 la quantità di rifiuti è rimasta la stessa del periodo ante-quarantena.
In realtà non si tratta certo di una sorpresa: la cucina domestica ha la formidabile dote di nascere con la caratteristica della sostenibilità e del non spreco e della conservazione del cibo. Lo diceva anche Pellegrino Artusi, il celebre gastronomo considerato ancora oggi – che si festeggiano i 200 anni dalla sua nascita, avvenuta il 4 agosto 1820 a Forlimpopoli – padre della cucina italiana di casa. Tra le sue regole di base, il rispetto degli ingredienti di stagione, la semplicità, la località, l’esercitarsi con pazienza e il diffidare dei libri di cucina (anche del suo – diceva!) che la pratica è la maestra migliore.

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