LAST MINUTE MARKET

CONVERSAZIONE tra Giovanni Dinelli e Andrea Segrè
Docente Universitario 
Fondatore di Last Minute Market

Si fa davvero fatica a credere che in un mondo in cui ancora quasi un miliardo di esseri umani non riesce giornalmente a soddisfare i propri bisogni alimentari, il genere umano sia capace di sprecare circa un terzo del cibo che produciamo. Pare poi ancora più assurdo pensare che basterebbe ridurre di un terzo tale spreco per teoricamente riuscire a ricavare alimenti necessari per dar da mangiare a quel miliardo di persone affamate.
Con chi parlarne se non con il collega e amico Prof. Andrea Segrè, il padre fondatore di Last Minute Market. Ordinario di Politica agraria internazionale e comparata, siamo colleghi, lavorando entrambi presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie dell’Università di Bologna. 

Andrea, come è nato il Last Minute Market?

Ero un giovane Ordinario sul finire degli anni '90 e una delle critiche che mi avevano mosso durante il concorso era che non avessi una conoscenza approfondita del sistema agro-alimentare italiano avendo passato tanti anni a fare ricerca internazionale.
Decisi di colmare quella lacuna e mi proposi di indagare come venivano posizionate le merci negli scaffali dei supermercati, una vera e propria scienza occulta. In una delle strutture visitate mi imbattei dietro le quinte, ovvero nel retro in una scena biblica: tanti prodotti alimentari pronti per essere smaltiti perché prossimi alla scadenza o leggermente danneggiati. Pensai subito che si dovesse fare qualcosa per recuperarli e coinvolsi gli studenti del mio corso per trovare delle soluzioni. Dopo diversi corsi e tante tesi di laurea trovammo il modello giusto e costituimmo Last Minute Market: spin off dell’Alma Mater Studiorum, oggi impresa sociale sempre spin off accreditato all’Università di Bologna con 4 soci fondatori, alcuni dipendenti e vari collaboratori.

Quale è l’attività principale del Last Minute Market?

Non recuperiamo direttamente gli alimenti invenduti, ma mettiamo in relazione i potenziali donatori (grande distribuzione, settore agricolo, industria alimentare e ristorazione) con i potenziali beneficiari (enti caritativi). Curiamo tutti gli aspetti logistici, igienico-sanitari, amministrativi-fiscali per fare in modo che lo scambio degli alimenti avvenga velocemente e in totale sicurezza.
Per capire come far funzionare questo sistema evitando di acquistare mezzi di trasporto refrigerati o pagare magazzini di stoccaggio, abbiamo studiato l’impatto economico, ambientale e sociale del recupero e applicato il modello win-win: tutti i portatori di interesse che partecipano al gioco del recupero guadagnano o risparmiano qualcosa.
Per dire, il supermercato, donando i prodotti, guadagna in reputazione sociale e risparmia il costo dello smaltimento dei rifiuti. L’ente caritativo risparmia una parte dei costi per l’alimentazione degli assistiti e così può offrire loro altri beni necessari.
Il nostro guadagno è nella fornitura di questo servizio, che è a carico di solito del donatore o dell’istituzione o della multiutility che gestisce i rifiuti.

Pensi che dopo tanti anni sia ancora un modello vincente?

Credo proprio di sì, anche perché innoviamo continuamente, del resto siamo ricercatori di fondo. Per essere sicuri abbiamo messo come obiettivo aziendale l’autodistruzione, ovvero lo Spreco Zero.
Quando l’avremo azzerato, anche se ci vorrà ancora un po’ di tempo, cambieremo mestiere e ci inventeremo qualcos’altro. Le idee non mancano!
La cosa che mi convince di più del nostro modello è che siamo riusciti a coniugare la solidarietà con la sostenibilità.
È questa la visione che sostiene la nostra attività: un mondo più solidale e più sostenibile. Per noi è possibile. Per questo nell’innovazione abbiamo applicato il modello ad altri beni.

Pensi dunque a un modello applicabile anche a progetti non food?

Ad esempio insieme ad HERA abbiamo sviluppato un progetto per recuperare i farmaci non utilizzati a livello domestico (Farmaco Amico) e i beni ingombranti (Cambia il finale). Per Ribò Scuola (gestore della refezione scolastica del Comune di Bologna) abbiamo realizzato l'analisi degli scarti nelle mense scolastiche. Il progetto si pone come obiettivo di analizzare nel dettaglio cosa viene scartato e per quali motivi, così da poter individuare azioni migliorative.

La nostra voglia di sondare nuove possibilità rende il modello vincente.
Così del resto è nata nel 2010 la campagna europea di sensibilizzazione pubblica Spreco Zero, realizzata in stretta partnership con i Ministeri dell’Ambiente, della Salute, degli Affari Esteri promuovendo due eventi che ormai sono entrati nell’agenda nazionale: la Giornata Nazionale per la prevenzione dello spreco alimentare il 5 febbraio e il Premio Vivere a Spreco Zero per istituzioni, imprese, scuole, cittadini che si distinguono in azioni, progetti, iniziative per contrastare ogni forma di spreco (oltre a cibo, anche acqua, energia…). Sempre Last Minute Market ha costituito il primo Osservatorio nazionale sullo spreco domestico, Waste Watcher, che produce indagini a campione sul consumatore per capire le ragioni dello spreco, di solito un comportamento sbagliato.  

Se potessi realizzare un desiderio, quale sceglieresti?

Se avessi davanti a me il Genio della Lampada, con un solo desiderio da realizzare, non avrei dubbi: gli chiederei di introdurre nei nostri ordinamenti scolastici di ogni ordine e grado l’educazione alimentare. Pare davvero una carenza molto grave, che in un Paese come il nostro, con un patrimonio gastronomico e alimentare unico al mondo (nel 2010 l'UNESCO ha iscritto la Dieta mediterranea nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità), di fatto nelle scuole non siano presenti percorsi strutturati sulla alimentazione.

L’atto del mangiare non soddisfa solo un bisogno essenziale, ma riveste anche altri molteplici aspetti e significati. Il cibo non solo è importante per l’economia (produzione, vendita, export), la nostra salute (mangiare bene fa vivere meglio) e quella del pianeta (la produzione agricola ha un impatto importante sull’ambiente), ma è anche un ottimo strumento di mediazione sociale, che permette di instaurare o di sviluppare i rapporti tra le persone, di creare relazioni e il rispetto reciproco.
Riportare al centro della nostra educazione civica i molteplici valori del cibo è un investimento sul nostro futuro.
Una persona che si alimenta male, ad esempio, si ammala più facilmente, il che poi implica elevati costi economici e sociali che qualcuno deve pagare. Non ce lo possiamo più permettere. Formare cittadini consapevoli e responsabili a partire da ciò che mangiano è la sfida che non possiamo perdere.

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