DALLA PESCA ACCIDENTALE
ALLA PESCA ECCEDENTARIA

L’imprevedibilità come opportunità
di business e di sostenibilità

La biodiversità marina del mar Mediterraneo conta su circa 17.000 specie diverse (dati WWF), di cui il 33,1% pescate al di là del loro limite biologico sostenibile. L’Annuario dei dati ambientali 2019 dell’ISPRA fotografa la situazione nazionale, e denuncia un complessivo stato di grave sovrasfruttamento per gli stock di interesse commerciale di pesci e invertebrati nei mari italiani, la così detta pesca in target.

Purtroppo il mercato ittico tende a investire sulle poche specie su cui si concentra maggiormente la domanda, subendola passivamente e facendo molta fatica a condizionarla. La pesca industriale ha estremizzato questa tendenza, accentuando lo sfruttamento eccessivo delle poche tipologie di consumo che vanno di moda.
Le sfide sono molteplici e complesse: sovrasfruttamento, distruzione degli habitat marini (tecniche di pesca invasive come la pesca a strascico), impatti del cambiamento climatico, pesca illegale e cattiva gestione del settore.
Nel 2013 l'Unione europea ha introdotto un nuovo concetto di acquacoltura, allevamento ittico e pesca sostenibile con il Regolamento sulla Politica Comune della Pesca (Reg. 1380/2013/UE) e obbligato tutti gli Stati membri a modificare le loro strategie entro il 2020. Così nel 2019 è entrato in vigore l'obbligo di sbarco da parte di tutti gli Stati membri dell'UE* in base al quale i pescherecci sono tenuti a conservare e sbarcare tutte le catture di pesce, comprese quelle di pesci sottotaglia o fuori quota, per abolire la pratica del rigetto in mare delle catture accidentali. Basti pensare che ogni anno, a livello globale, oltre 7 milioni di tonnellate di pesce vengono rigettate in mare (fonte FAO).
L’adozione di soluzioni tecniche, che affinano la selettività degli attrezzi di pesca e riducono le catture indesiderate, è una delle risposte più valide.
Altrettanto valido è assumere un atteggiamento di vantaggio, accogliendo costruttivamente l’occasione dell’inatteso.

Ecco che l’imprevedibilità diviene un’opportunità, e l’accidentale solo un fuori target.

Le specie di pesci del Mediterraneo commestibili sono circa 300, senza contare crostacei e molluschi: allora perché non provare a diversificare, salvaguardando anche la biodiversità dei nostri mari?

La Federazione Italiana Cuochi e il MIPAAF - Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e Turismo da tempo si adoperano per diffondere la conoscenza delle specie ittiche minori ed eccedentarie, attraverso uno sforzo d’informazione e valorizzazione del prodotto che consenta di portare a conoscenza del grande pubblico le diverse specie ittiche meno considerate, la loro stagionalità, il loro utilizzo in gastronomia, le peculiari caratteristiche organolettiche e, soprattutto, la loro convenienza. Pesci azzurri, saporiti e con ottimi valori nutrizionali, venduti a poco prezzo e spesso destinati a mangime industriale per mancanza di una corretta e diffusa informazione.
In questa direzione si è mossa anche la Testa Conserve, storici armatori siciliani e produttori di tonno rosso in vetro, avviando una linea produttiva di specialità da pesca sostenibile e tracciabile, puntando anche sulle suddette specie ittiche eccedentarie, noti anche come pesci poveri o di scarto.

Ma a supporto di queste iniziative, esiste una forma di certificazione di pesce sostenibile?

L’unico programma di etichettatura di certificazione Ecolabel per la pesca sostenibile nel mare aperto è gestito da Marine Stewardship Council, un’organizzazione no profit che basa il suo standard di pesca sul Codice di Condotta per la Pesca Responsabile dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura FAO.

In Italia a oggi c’è solo un’attività di pesca con certificazione di sostenibilità, O.P. Bivalvia in Veneto (pesca delle vongole) e altre 9 sono parte del Progetto BluFish, un progetto che mira ad accompagnare le attività di pesca in un percorso di miglioramento verso la sostenibilità. Le uniche aziende certificate della filiera sono quelle che operano nella lavorazione e commercio di pesce fresco e surgelato, nella distribuzione al food service, nel magazzinaggio alimentare e nella distribuzione di gastronomia surgelata.

“È importante ricordare - Oppia Francesca, Program Director MSC Italia per Marine Stewardship Council - che l’Italia importa oltre il 65% del proprio fabbisogno di prodotti ittici e lo fa soprattutto da Paesi in via di sviluppo, per cui anche per questi prodotti la richiesta di sostenibilità è un must. A oggi ci sono oltre 120 aziende italiane che hanno ottenuto la Catena di Custodia per cui possono produrre e commercializzare prodotti ittici sostenibili. Il segmento di mercato con la maggiore presenza di prodotti con il marchio blu è il surgelato, seguito dalle conserve alimentari; sul prodotto fresco c’è ancora tanto da fare, ma la direzione è stata data: il volume di prodotti certificati MSC venduti in Italia è cresciuto di un terzo tra il 2018 e il 2019 e ora il nostro Paese è al settimo per volume di prodotti ittici certificati MSC”.

Potrà forse essere Testa Conserve la seconda attività di pesca in Italia ad ottenere la certificazione di sostenibilità nazionale? Un nuovo esempio di buona pratica che dia il via a un nuovo trend di produzione e consumo di pesce guidato dalla misura dell’impatto ambientale e non da una moda.

 

*Piano di Gestione Nazionale per le attività di pesca con il sistema draghe idrauliche e rastrelli da natante

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