La “biblioteca del cioccolato”: Lavoratti 1938. Nuova vita allo storico marchio tra progetti editoriali, materie prime superiori e collaborazioni d’eccellenza.
di Irene Loddo
Intervista allo Chef Ascanio Brozzetti
Herman Hesse
Ascanio Brozzetti lavora ormai da due anni e mezzo con i detenuti del Carcere Due Palazzi di Padova dove ricopre il ruolo di Chef di un laboratorio di pasticceria. Tutte le mattine vengono sfornate circa mille brioches e diverse dozzine di lievitati di forme e fogge che variano a seconda della stagione e delle festività.
inizia a raccontare Brozzetti.
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Cerchiamo di far sì che sia un luogo ʻesterno al carcereʼ, non fisicamente, ma almeno concettualmente, in modo tale da preparare queste persone a confrontarsi con le dinamiche lavorative del mondo esterno: per chi magari è fermo da tanti anni, o per chi non ha mai lavorato, questo allenamento mentale può rappresentare un'occasione importante in vista di un reinserimento nella società.”
All'interno del contesto del carcere, dove il tempo è vissuto come qualcosa da riempire, da occupare, aspettando che le ore passino”, spiega Brozzetti, “dedicare attenzione e cura a quello che si fa, imparare cose nuove, lavorare insieme ad altre persone rispettando delle regole, diventa il modo per riappropriarsi del tempo e dargli un senso.
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Ogni processo rigenerativo ha bisogno di tempo. Affinché la rigenerazione abbia un buon esito è necessario che, accanto allo scorrere dei giorni, dei mesi e degli anni, sia inserita una dimensione di senso: un panorama che possa tramutarsi in una possibilità, in una fiducia nel cambiamento. È così che nel Carcere di Padova, attraverso la realizzazione di soffici e fragranti preparazioni dolciarie, trova spazio e piena attuazione la visione della funzione della pena come recupero della persona, secondo quello che è stato pensato e scritto nell'articolo 27 della Costituzione dai padri costituenti.
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Cucinare, impegnarsi quotidianamente in quello che si sta facendo dà, a poco a poco, ai detenuti la possibilità di guadagnarsi la propria fiducia, di immaginarsi in modo diverso, di posizionarsi oltre il senso di colpa e il senso di irreparabilità che caratterizza il vissuto soprattutto di chi ha commesso gravi colpe
”
aggiunge Chef Brozzetti.
Rigeneratività in cucina significa dunque, in questo caso, fare in modo che la pena sia utile, che sia orientata al reinserimento sociale dell'uomo e che, attraverso le esperienze di formazione e di lavoro, le persone abbiano la possibilità di trasformarsi.
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Una delle cose più belle di questo lavoro è assistere al cambiamento: i detenuti arrivano praticamente senza nessuna competenza e, gradualmente, non solo imparano a svolgere correttamente tutte le mansioni loro assegnate, ma iniziano a provare una sensazione di incredulità, e quasi di orgoglio, nel vedere realizzate delle torte, dei pasticcini, dei panettoni, delle colombe che presto saranno i protagonisti delle tavole conviviali là fuori.
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È così che attraverso la cucina si abbattono metaforicamente le barriere che dividono il carcere dal mondo esterno; questo travalicamento è tanto più significativo se si pensa che l'elemento ponte è rappresentato dal cibo e in particolare dai dolci: una tipologia di preparazioni carica di simboli e di vissuti personali legati spesso al mondo dell'infanzia, della famiglia e delle festività.
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A volte capita” continua Ascanio “che arrivano alcuni messaggi da parte di clienti che fanno i complimenti per una torta commissionata o per un panettone. L'impatto positivo di queste recensioni sui detenuti è enorme: vedere che quello che fanno, per cui hanno imparato a impegnarsi, è ʻrealeʼ e viene apprezzato all'esterno, gli dà la possibilità di sentire, in alcuni casi per la prima volta, una fiducia nei confronti di se stessi e della società
”
conclude Ascanio Brozzetti.
Tempo, fiducia e prospettive:
ecco gli ingredienti fondamentali per una rigenerazione sociale che passa anche attraverso il mondo della cucina.
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