“È nella crisi che nasce l'inventiva.”
Anche in piena emergenza Covid-19. L’incredibile storia delle valvole stampate in 3D per la respirazione assistita.
«La pandemia ha offerto all’intera popolazione uno spettacolo unico, una visione degli spazi solitamente riservata agli architetti e al mondo della progettazione; immagini di piazze, vie, paesaggi e città completamente disabitate. L’elemento architettonico nudo, nella sua bruta monumentalità.
Mi viene in mente La Città Ideale, il celeberrimo dipinto esposto al Palazzo Ducale di Urbino, dove viene rappresentato il concetto teorico di bellezza urbana, rispetto ai criteri e principi astratti di razionalità e funzionalità, sospesi in una ipotetica antitesi della nostra era antropocentrica, dove le persone sono totalmente assenti.
Gli architetti sono abituati a visualizzare lo spazio geometrico e monumentale delle città, come in un eterno fermoimmagine, incastrato in una bellezza surreale, strana, quasi fastidiosa. Ma la città siamo noi, siamo noi ad abitare la sua forma, a dare significato ai suoi contenuti. Da anni ripeto che non esiste la smart city (la città intelligente), ma contano invece gli smart citizens. Noi rendiamo la città intelligente se comprendiamo, e gestiamo quello che accade. Abbiamo vissuto il tempo in cui non abbiamo capito cosa stava succedendo e le città hanno patito, riflettendo questo disorientamento. Sono tornate ad esser un progetto, non solo su carta, ma anche nella loro visualizzazione, per quanto reale.»
«Dopo il Covid-19 le città fanno più paura. Sicuramente la pandemia porterà a un parziale ritorno all’abitare diffuso e alle campagne. Si troverà un nuovo equilibrio tra esodo e convergenza verso i centri urbani. I cambiamenti saranno molti, alcuni saranno tendenze quasi impercettibili, altri accelerazioni di mutamenti già in atto, altri fenomeni semplicemente a noi più evidenti, un’amplificazione di echi lontani.
Parliamo di smart working, acquisti online, digitalizzazione, gestione remota… Tutto acquista una nuova dimensione, e un nuovo significato.
E dal significato si passa anche al valore, perché un periodo di prigionia così lungo, nei nostri spazi, case, vie, cortili, ha offerto nuove prospettive valoriali.
Dal panettiere dell’angolo sotto casa, all’ortolano di fiducia che effettua consegne, al buon vicinato, cambia la prossemica nei confronti della parte di mondo raggiungibile, passando per assurdo attraverso le tecnologie digitali e le tecnologie ambientali; questi elementi sono entrati più o meno forzatamente nel nostro personale conteggio di opportunità quotidiane, oramai fortemente ibride, fatte di analogico e virtuale, atterrando sulla capacità di comprendere il valore di ogni elemento per utilizzarlo al meglio.»
«Abbiamo assistito a una meravigliosa manifestazione di quello che amo definire carattere latino, in uno scenario improvviso e improvvisato dove la tecnologia è divenuta lo strumento per avvicinare le persone anziché allontanarle, proponendosi come “alternativa obbligata”, o come ibrido di mediazione tra fisico e digitale. La tecnologia utilizzata dal basso al servizio delle persone, per unire e non per dividere, cambiando il valore della distanza interpersonale.
Vi suggerisco a tal proposito un bellissimo libro, un classico dell’antropologia sociale ma oggi di grande attualità: La dimensione nascosta di Edward T. Hall (Bompiani, 1968).»
«In alcuni dei momenti di vuoto di questi mesi, ho provato a riflettere sul presente guardando indietro nella Storia e tracciando una linea temporale che aiutasse a comprendere meglio cosa stesse succedendo. Sono andato a rileggere alcuni grandi pensatori del periodo classico.
Dal IV secolo avanti Cristo, per il popolo greco, e poi per quello romano, lo shock più traumatico che un uomo potesse subire coincideva con l’ostracismo. Un esilio temporaneo di dieci anni inflitto a coloro che avrebbero potuto rappresentare un pericolo per la città. Da Cicerone a Lucrezio, tante celebrità della Roma Imperiale hanno subito individualmente quello che noi abbiamo subito a livello collettivo. Il pericolo si è impossessato della città e noi siamo stati esiliati, esiliati a noi stessi, paradossalmente.
Cosa facevano allora i Romani? Scrivevano e inviavano epistole, migliaia e migliaia di epistole per rimanere disperatamente collegati con il resto del mondo. E lo stesso abbiamo fatto noi: blog, social, mail, sms… per comunicare, informare, protestare, sdrammatizzare, anche ironicamente.
La tecnologia ci ha offerto una grande lezione: ci ha supportato, aiutato, ma come per la scuola, ha insegnato ai ragazzi come sperimentare in modo più consapevole l’utilizzo della didattica a distanza, anche per imparare come usare un mezzo potente, che va esplorato e conosciuto. Io stesso ho dovuto farlo con i miei 53 studenti al Politecnico, una scuola ibrida.»
«Io sto già sperimentando una serie di progetti dove il fattore relazionale e umano torna a esser al centro, con nuova prepotenza. Ricordo quando Achille Castiglioni affermava che progettare uno sgabello è immaginare il comportamento nuovo che lo sgabello permette ad altri di aver nella loro vita, non è disegnare un semplice oggetto in sé.
Questa esperienza darà nuovo rilievo al valore della qualità delle relazioni, senza dimenticare l’aspetto economico, politico, simbolico, affettivo… e il design rappresenterà sempre più una forma di reintegrazione terapeutica nel mondo post-shock, come forma di attenzione alle persone, non solo come esercizio di poetica formale. L’eccesso e il superfluo difficilmente verranno visti nella stessa luce di oggi e, mi auguro, si porrà in futuro maggiore attenzione al nostro rapporto con gli oggetti e con lo spazio: un mondo diverso ci aspetta, dove vi sarà la valorizzazione della modalità inclusiva e una profonda e diffusa democratizzazione della tecnologia. Speriamo sia davvero un mondo migliore e che si sia imparato tutti qualcosa da questa violenta e invisibile vicenda.»
“È nella crisi che nasce l'inventiva.”
Anche in piena emergenza Covid-19. L’incredibile storia delle valvole stampate in 3D per la respirazione assistita.
Oltre la “smart city”: grazie anche a tanti giovani imprenditori, la “smart land” è la via per lo sviluppo sostenibile che parte dalla terra e dai territori.