Un semplice 
piatto di pasta

Mangiare un piatto di pasta non è mai mangiare solo un piatto di pasta: è, per certi aspetti, fare esperienza di diverse possibilità.

È mangiare, metaforicamente e letteralmente, ciò che si è scelto di acquistare.

È connettersi con tutti gli anelli di congiunzione della filiera alimentare che troviamo nel piatto.

Il tutto sotto forma di un fusillo che raccoglie, fra le sue eliche, il denso e profumato sugo che abbiamo cucinato o il cremoso e invitante preparato di quella ditta di conserve che ci seduce, tra le corsie del supermercato.

Insomma sederci a tavola è - se prestiamo attenzione e abbiamo voglia di lasciarci trascinare dal fluire dei pensieri, lontani da schermi e distrattori, ricongiungendoci in meditativo ascolto a ciò che stiamo facendo in quella sequela di istanti chiamata “pasto” - seguire il filo di un percorso complesso.

Un percorso ricco di connessioni con il territorio, di riferimenti con la storia degli ingredienti che compongono quel piatto, di tecniche e scoperte che hanno determinato l’evoluzione di una pratica alimentare, di mani che lavorano o, sempre più spesso, di macchine che con ritmo costante arano, trebbiano, essiccano, vagliano, moliscono, impastano, trafilano, mantengono la temperatura idonea, percepiscono e calibrano l’umidità dell’area, movimentano merci, insacchettano, imbustano, inscatolano.

La materia di cui è fatto quel fusillo, le fibre che compongono i tessuti del pomodoro che abbiamo usato per condire la nostra pasta sono indissolubilmente legate alla terra in cui sono state seminate e poi sono cresciute le piante che hanno portato, direttamente o indirettamente, quei frutti.

Ciascuna pianta, quella del grano e quella del pomodoro, è caratterizzata dal suo andamento stagionale, da rispettare o da stravolgere - a seconda dello sguardo che orienta la visione aziendale.
Ciascuna pianta fa i conti con le sue necessità idriche, felicemente soddisfatte - dalle piogge stagionali o da avanzati sistemi di irrigazione - o, sempre più spesso, disattese fra andamenti climatici che si fanno imprevedibili: ecco le gelate tardive, i periodi di prolungata siccità, le piogge violente su terreni divenuti idrofobi dunque incapaci di trattenere l’acqua.

Ciascun ingrediente è connesso a elementi territoriali che, come abbiamo visto, ci parlano del luogo in cui nasce e cresce quel prodotto: della pendenza del terreno, della sua distanza dal mare, dell’esposizione solare e dei molteplici altri parametri che si fondono nel creare il senso della parola terroir, con il suo significato teso a catturare quel legame fra terra e uomo, visto nella sua capacità di fare e di ideare, nella sua storia di lotta e di invenzioni volte a sconfiggere la fame.

Dall’altra parte gli ingredienti e il piatto nella sua interezza, nella sua identità culturale e nel ruolo che gioca all’interno del regime alimentare sono connessi con un ambito immateriale, che trova nell’immaginario il suo ambiente di riferimento.

E allora, in questo caso, mangiare un piatto di pasta può significare per un italiano consumare un pranzo qualunque e affermare la sua identità, per uno straniero cimentarsi con la preparazione di un pasto più o meno esotico e più o meno lontano dal suo orizzonte alimentare, per un atleta assumere un certo numero di nutrienti, per un gastronomo valutare l’equilibrio del piatto in termini di sapori e consistenze, per un ebreo praticante assicurarsi che i metodi di produzione siano conformi e il cibo adatto (kosher) e potrei continuare…

Quando mangiamo un semplice piatto di pasta, ormai è chiaro, non stiamo mai mangiando un semplice piatto di pasta ma, idealmente, ci stiamo mettendo in relazione con un mondo fatto di pratiche di produzione e di significati, con la Storia e le singole storie umane che hanno concorso alla creazione di quel piatto.

Mangiare è un atto agricolo, politico, identitario, rivoluzionario, sacro… Ma, soprattutto, un atto che ci mette in relazione, in connessione con noi stessi e con l’Altro.

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Non è tanto essere piccoli o essere lontani, essere diversi o essere pochi: quel che conta è essere connessi.
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