Sostenibilità
 è smettere di fare a pezzi 
il mondo
Intervista al geografo Franco Farinelli
La geografia non è una sola, sono tante. Ogni geografo ha la sua. Quella di Franco Farinelli – geografo e intellettuale – è “un sapere che si fonda sulla critica delle rappresentazioni cartografiche”.

In un mondo globalizzato e dove i confini sono messi in discussione e gli uomini si spostano continuamente, i modelli cartesiani che lavorano sulle mappe sembrano non funzionare più. Le mappe geografiche ci obbligano a imprimere un ordine logico e gerarchico a una visione della Terra che oggi non le corrisponde. Quali sono i nuovi modelli per comprendere e descrivere il mondo? A cosa servono i geografi? E perché la geografia è una materia così importante per la sostenibilità?

“Globalizzazione è una parola così semplice che a volte ne perdiamo il senso, che va inteso alla lettera: significa che non possiamo più trattare la Terra come da Tolomeo in poi, cioè facendola a pezzi e riducendola a una serie di mappe. Noi siamo costretti, da come funziona il mondo oggi, a fare i conti con la Terra così com’è sempre stata e come noi abbiamo sempre saputo che fosse: una sfera. Ma mai abbiamo avuto il coraggio di ammetterlo. Oggi non possiamo più evitarlo.”

Oggi la geografia ci dà una grande opportunità, quella di riappropriarci del mondo nella sua dimensione reale. La struttura della sfera è irriducibile a quella della mappa: la sfera ha tre dimensioni, la mappa ne ha due. Ma non è solo una questione di una dimensione che manca, il problema è che ciò che sfugge alla rappresentazione su mappa è qualcosa di essenziale per permetterci di capire come funziona il mondo.

Farinelli sposta il bordo della riflessione: “A scuola ci insegnano che la realtà è una carta geografica. Ogni mattina mi sentivo osservato dalla carta geografica appesa al muro. La realtà aveva un equivalente in quella rappresentazione e la nostra idea della realtà era quella. Ma è una realtà molto parziale e non disinteressata”.

La geografia delle mappe nasce quando si tratta di prendere la Terra e trasformarla in qualcosa d’altro. La versione cartografica della Terra è quindi più rassicurante, luminosa e appunto “gaia”.
Fare a pezzi il mondo è stato il compito della geografia moderna, oggi questo processo che si è prolungato per secoli (e che è stato fondamentale per lo sviluppo dell’umanità) deve essere invertito. Farinelli individua una data ben precisa per l’inizio della globalizzazione che segna anche una necessaria inversione nel modo di intendere la realtà e la sua rappresentazione.

“Oggi il funzionamento del mondo è integrato e ogni separazione è controproducente. La sostenibilità è proprio la consapevolezza di questa impossibilità di continuare a fare a pezzi il mondo. La globalizzazione nasce nel 1969, con la nascita della rete, quando per la prima volta due computer hanno iniziato a parlarsi. Da quel momento si inverte il funzionamento del mondo, che cambia la rotta: non più dalla sfera alla carta ma dallo spazio euclideo alla sfera”.

Abbiamo bisogno di pensare in termini di sostenibilità e la sostenibilità è una forma di consapevolezza che permette di avere uno sguardo diverso sulla realtà. Pensiamo ai confini, non coincidono più con quelli statali a cui siamo abituati. Sarebbe un grave errore pensare che i confini italiani, per esempio, coincidano con quelli delle acque o delle Alpi. Basti pensare alle recenti discussioni sui bordi nazionali transalpini a seguito dello scioglimento dei ghiacciai, o alle continue negoziazioni per definire i limiti delle acque territoriali.

“La geografia può insegnarci un rapporto diverso con la Terra. Ci insegna a essere critici, ha a che fare con gli schemi fondamentali della nostra interpretazione del mondo. Oggi possiamo metterci in discussione e la funzione sociale della geografia sta nella straordinaria possibilità che essa offre (come il mondo ci richiede) di rivedere gli schemi coi quali ci ostiniamo a fare i conti con la realtà mondiale”.

Sono pronto a sostenere che la geografia va posta accanto alla divinissima filosofia, sosteneva il geografo tedesco Karl Ritter. 

“Un geografo straordinario, che Umberto Eco ha definito straordinario, fu Strabone che visse a Roma duemila anni fa; scrisse ben 12 libri di geografia e comincia il primo libro dicendo che la geografia è qualcosa che esiste prima della filosofia.
Tra filosofia e geografia non c’è nessuna differenza, entrambe si interessano dei modelli più antichi del ragionamento occidentale”.

Eratostene di Cirene (276 a.C. – 194 a.C.) fu il primo a misurare l’arco della circonferenza terrestre e lo fece con una precisione incredibile, sbagliando di pochissimi metri.
Disse che l’unica geografia di cui avremmo bisogno è quella che ci mette in grado di distinguere gli uomini buoni dai cattivi. Impossibile usare una scala così piccola da distinguerci gli uni dagli altri, ma il mondo è quello che è, gli uomini sono quelli che sono e tutto dipende dalle relazioni tra loro.

share:

Articoli collegati

Incontro con Carlo Ratti

“Una città aperta”: l’architetto del prestigioso studio CRA spiega come sarà “lo spazio del futuro”.

Nudge, la spinta gentile

È il nuovo “alfabeto” che induce comportamenti virtuosi, importanti anche per la sostenibilità: un cittadino consapevole infatti conta più di uno obbligato.

Lasciati ispirare da tutte le prossime storie di sostenibilità: rimani aggiornato sui nuovi numeri!

Iscriviti alla newsletter per ricevere mensilmente i contenuti di Innesti.

N° 3

VISIONI

I grandi slanci, le idee, i sogni.
linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram