illustrazioni di Maria Marega

Planeterranea:

la dieta che rispetta l’unicità di ogni popolo

Incontro con Annamaria Colao

Che la dieta mediterranea comporti comprovati vantaggi per la salute è un fatto ampiamente dimostrato, ma non si tratta solo di uno stile alimentare. Piuttosto è uno stile umano, di comportamento, a tavola, e nei confronti del territorio e dell’ambiente che si vive.
Aspetto questo che avevano colto i coniugi Ancel e Margaret Keys, quando negli anni Cinquanta decisero di venire in Italia, precisamente in Cilento, per condurre i primi studi sull’alimentazione e la vita dei nostri centenari immuni alle patologie cardiovascolari e legate all’obesità che iniziavano ad affliggere i loro concittadini americani. Pur essendo un fisiologo e una chimica, fecero un grande lavoro di antropologia, studiando il territorio in tutte le sue sfaccettature e codificando quella che oggi chiamiamo “dieta mediterranea”.

Oggi la sfida è di portata globale e sempre in Campania, precisamente alla Cattedra UNESCO di Educazione alla Salute e allo Sviluppo Sostenibile dell’Università di Napoli, guidata dalla dottoressa Annamaria Colao, ci si è posti l’obiettivo di estendere il modello alimentare sano e sostenibile, basato sui concetti chiave della dieta mediterranea, calandolo nelle realtà locali delle diverse aree del mondo.
Così nasce la dieta “Planeterranea”, un nuovo modello alimentare, coerente con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dalle Nazioni Unite nell'Agenda 2030 e con i principi dell'economia circolare.

Di fatto, non sarebbe sostenibile pensare di esportare il modello alimentare mediterraneo tal quale, ma lo è invece esportare quelli che sono i fondamenti dello stile umano e comportamentale che sono replicabili ovunque: il consumo di prodotti di origine vegetale, locali e di stagione, attività fisica regolare, la conservazione della biodiversità, la convivialità e la socializzazione. Pertanto, la soluzione percorribile sembra quella che ogni Paese riscopra il proprio patrimonio per sviluppare un modello alimentare più sano basato su cibi tradizionali e locali. Secondo i risultati portati avanti dalla ricerca degli scienziati dell’Università di Napoli, sarebbe quindi possibile ottenere effetti salutari combinando diversi alimenti appartenenti al proprio Paese con notevoli vantaggi non solo per le persone, ma anche per l'ambiente.

Ne abbiamo parlato con la dottoressa Annamaria Colao, professoressa ordinaria presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia dell'Università Federico II e presidente della Società di Endocrinologia Italiana.

Com’è nato il lavoro sulla Dieta Planeterranea?

«Planeterranea è un concetto, mi è venuto in mente ricevendo un commento a un articolo scritto durante il Covid sull’importanza di una dieta mediterranea per combattere i processi infiammatori e un collega brasiliano mi fece notare che loro in Brasile non hanno la dieta mediterranea. Questo mi fece venire in mente che la dieta mediterranea non per i suoi prodotti, ma soprattutto per i suoi principi, poteva concettualmente essere esportata in tutto il mondo. Non dovremmo limitarci a esportare le nostre materie prime e le nostre eccellenze, ma possiamo esportare le nostre idee, le modalità con cui cuciniamo, ci comportiamo, e il nostro stile di vita.»

Ci può fare un esempio pratico di come si conduce una Dieta Planeterranea?

«Un esempio pratico può essere rappresentato dalla piramide che noi tutti conosciamo. Grafica semplificata del principio guida di un’alimentazione sana. Ricordiamoci che già Ippocrate, 2500 anni fa, diceva: “Fa’ che il cibo sia la tua medicina”; se noi impariamo a utilizzare il cibo non solo per quello che è il suo valore nutritivo ma anche curativo, siamo già un passo molto avanti. Possiamo adottare uno stile planeterraneo in qualunque parte del globo ci troviamo, basta ricordare ogni giorno quelli che sono i principi della piramide alimentare che, tramite una grafica semplificata, ci mostra i cardini di un’alimentazione sana: ogni giorno fare molto esercizio fisico, bere molta acqua, usare una grande quantità di vegetali freschi conditi con oli di natura vegetale, porzioni di carboidrati integrali che siano proporzionate all’esercizio fisico, scegliere componente proteica nobile e una porzione di frutta fresca o secca con guscio usata come spuntino.»

Nello studio presentato sulla rivista scientifica Nature dal team della dottoressa Colao sono già indicati alcuni alimenti locali – divisi per macrozone – da preferire e in quali quantità.
Lo studio porta soluzioni concrete, e segnala in ogni continente e zona geografica quali siano gli alimenti da preferire per adottare uno stile alimentare più in linea con la tutela della salute, favorendo l’assunzione di prodotti locali che hanno le stesse caratteristiche nutrizionali di quelli presenti nel bacino del Mediterraneo. In Nord America si segnala per esempio l’olio di canola, dal potente effetto ipocolesterolemico, le noci pecan e il gombo (che è anche l’ingrediente principale del gumbo, un popolare piatto americano, che si prepara in particolare in Louisiana), i fagioli borlotti. Nell’America Latina è da preferire la quinoa rispetto ad altri cereali perché presenta un basso indice glicemico, i platani, l’avocado e le bacche di açai con elevata capacità antiossidante.

Quali sono le azioni necessarie e messe a punto affinché lo studio si trasformi in un comportamento concreto?

«Insieme al mio staff stiamo innescando collaborazioni in tutto il mondo; attualmente stiamo lavorando con le Università di Atene, Harvard e Milano. Il lavoro più importante è mappare la varia natura dei prodotti in tutto il mondo per poter riscrivere la storia e impostare una piramide alimentare corretta a seconda dei prodotti che si trovano nel mondo. Abbiamo già catalogato i prodotti di Africa e Sud America e stiamo lavorando sull’Asia per fare un censimento dei prodotti e proporre, area per area, degli schemi fattibili che possono rappresentare lo stile della dieta mediterranea. Noi mediterranei siamo stati beneficiati del nascere e del crescere in un bacino così ricco, è ora che ci impegniamo a estendere questa fortuna al resto del mondo.»

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