Generosità:
è la strada per
la sostenibilità

Ambasciatrice del gusto, dal 2017 è direttore de La Cucina Italiana e dal 2021 anche di Condé Nast Traveller.

Maddalena Fossati è oggi una delle global ambassador per la sostenibilità del Gruppo Condé Nast. Traguardi importanti, frutto di un lungo cammino, impegnato e sentito, che ha guidato Maddalena fin dai sui primi anni di età. L’abbiamo incontrata per chiederle di raccontarci il suo percorso di formazione professionale e personale, come nasce una vocazione e aiutarci a diffondere meglio una trainante cultura della responsabilizzazione.


Sono cresciuta in una famiglia con regime alimentare macrobiotico quando nessuno conosceva veramente questa cucina. Erano gli anni 70 e si andava in auto con i motori a benzina e non ci si preoccupava dello smog. Tranne a casa mia. Ricordo vacanze nei centri Rousseau in età prescolare, con un lifestyle che emulava quello raccontato da Jean-Jacques nell’Emile. Era una vita in tenda, a mangiare biologico, solo vegetariano a volte. Era l’epoca in cui invece l’industria alimentare era la garanzia, la certezza, e si rinnegava la fattoria come dimensione di verità dell’ingrediente. Mia nonna mi dava le uova fresche del pollaio, mia mamma e Carlo, suo marito, mi portavano in vacanza in Grecia a Paxos con uno zainetto e via. I telefoni erano a rotella e la linea prendeva poco. Non avevamo schermi da guardare. Gli stimoli venivano dalla ricerca di un polpo sott’acqua, dal raccogliere le pietre più piatte e provar a farle rimbalzare a filo d’acqua. Sembra un’epoca lontana, e lo è. Ma non così tanto da giustificare un cambio di vita radicale, dove nel CV scrivi il numero di followers su Instagram.


A Paxos c’erano le quattro spiagge.
La prima era vicina al paese, un villaggio di poche e carinissime case, la seconda un po’ meno e progressivamente aumentava la lontananza e la bellezza, perché chi aveva voglia di scarpinare fino alla quarta era un ristretto numero di persone.

Appuntamento imprescindibile dell’estate era la pulizia delle spiagge, la prima e la seconda perché le altre erano a posto. Ci sentivamo di cambiare il mondo, di essere dei buoni ospiti. E in effetti lo eravamo. La gente locale al principio ci guardava come se fossimo dei pazzi scatenati e poco alla volta, settimana dopo settimana, estate dopo estate, diventammo parte del quadro. La mattina, Nassos del ristorante puliva il pesce nell’acqua del piccolo porto di Loggos, lo stesso pesce che avremmo mangiato con feta e tzatziki la sera; Panaiotiss rincorreva le aragoste sul molo per la stessa ragione; Panais si fermava spesso per offrire un ouzo, mentre giocava a backgammon anche la mattina subito dopo il caffellatte. Aveva 90 anni, non capiva mica che eravamo minorenni. Parlavamo una lingua misteriosa insieme, un mix tra greco e la lingua dell’amicizia.

 

La sostenibilità è un concetto a 360° che investe tutta la nostra vita, i sentimenti e anche le emozioni. E sostenibilità fa rima con generosità. Prima di sembrare una buonista a tutti i costi esplicito il mio pensiero senza la parte ʽ-istaʼ, ovvero credo nel pensiero buono: dobbiamo per forza rinunciare a un pezzetto di noi stessi se vogliamo vivere in una comunità prospera e questo pezzetto significa accettare dei piccoli sacrifici per l’ambiente, che poi siamo sempre noi. Perché noi in questo pianeta siamo ospiti, non proprietari, non padroni. Solo ospiti.
Essere sostenibili, generosi e coerenti significa iniziare dalle mura domestiche, mentre nessuno ci vede, dove possiamo sgarrare quanto vogliamo, nella consapevolezza di sprecare il meno possibile cibo, energia, acqua. Quando eravamo bambini, ci dicevano: ʽspegni la luce che l’energia costaʼ. E vale anche oggi, solo che quel costo nella bolletta oggi davvero troppo alta, è un costo anche per il pianeta. Anche l’immondizia è uno ʽsporco lavoroʼ che dobbiamo a noi stessi, se lo pensiamo come atto d’amore ci sembrerà tutto meno puzzolente. Servirebbe più informazione e responsabilizzazione, essere riciclatori più consapevoli, e ruoli come quello che ricopro in Condé Nast (Global Sustainability Ambassador) sono cruciali per creare consapevolezza e instaurare un vero dialogo tra Organizzazione, aziende virtuose e persone.

 

Partiamo dalla spesa: come direttore de La Cucina Italiana ho compiti che vanno ben al di là che vendere in edicola e creare il maggior traffico organico possibile sui nostri siti.
La mia prima missione è duplice: rendere l’Italia un Paese che mangia sempre meglio e tutelare la nostra identità, perché come sapete c’è la parola Italia nel titolo.
Sono aspetti entrambi molto connessi con la sostenibilità.
Mi spiego: mangiare bene oggi significa nutrirsi il giusto per il corpo e la mente. Significa anche produrre meno sprechi, proteggere il nostro organismo, prendere meno medicine, fare una spesa adeguata alle nostre esigenze, generare meno rifiuti, rispettare gli ingredienti di qualità, scegliere solo carni e uova etici, probabilmente con un carrello più costoso in parte compensato da una minor quantità di cibo.
Azioni importanti, senza un ordine valoriale, e tutte facilmente realizzabili.

Mi piace comprare anche dai contadini quando si può, nei mercatini con quei banchetti che portano direttamente il loro prodotto nei centri abitati. A Milano, dove abito, faccio così. A fare la spesa spesso vado in tram con carrello al seguito, oppure il mio vicino di casa a volte porta la spesa a tutto il palazzo risparmiando tanti giri di auto a noi e all’ambiente. Generosità, torna la parola. Si è meno soli, si spreca meno. Hai fatto una torta che è troppa? Offrila ai vicini. Lo so, lo so, sembra un mondo bellissimo!? Ma lo è, se si abbassa la barriera della diffidenza. Il mondo sarebbe un luogo bellissimo e molto più sostenibile, se seguissimo tutti di più il cuore.

La tutela della nostra identità, la mia seconda missione, è altrettanto cruciale. Sì, perché nei nostri valori c’è tutto.

Nella nostra cultura ci sono i capisaldi della sostenibilità. Raccogliere le erbe spontanee che oggi, per fare i cool, chiamiamo foraging (anche se, per favore, lasciamolo fare solo a chi sa) lo facevano già le nostre nonne, riciclare gli avanzi, buttare via meno possibile.

Nel nostro ricettario abbiamo ricette gourmet come il risotto al salto, per dire la prima che mi viene in mente da milanese che sono, un elogio alla cucina e al risparmio. Mi riferisco invece al grado di consapevolezza che dobbiamo avere nel cuore e nella testa di quanto sia il costo sociale e ambientale. Dobbiamo. Ce lo dobbiamo, e lo devo soprattutto a tutti i bambini della Terra che meritano un luogo splendido dove vivere.

Sì, me ne convinco sempre più: generosità.
Questa è la chiave di volta. Di tutto.

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