L'atto del mangiare come percorso complesso e ricco di connessioni identitarie, sacre, agricole e territoriali.
Cosa possono fare un panettiere, un ristorante, un bar o un negozio di generi alimentari per non buttare il cibo avanzato, in eccesso o prossimo alla scadenza? Metterlo in una scatola magica e venderlo a un prezzo conveniente.
Too Good To Go nasce a Copenaghen nel 2015 da un’idea di alcuni studenti che, accorgendosi delle quantità di cibo sprecate durante gli eventi, decidono di agire per contrastare lo spreco alimentare.
Oggi è presente in 17 Paesi a livello mondiale, coinvolge 56 milioni di utenti, 114.000 partner e ha salvato 130 milioni di pasti evitando così l’emissione nell’ambiente di 325.000 tonnellate di CO2.
Ed è tutta una questione di connessioni perché, partendo da un piccolo click su una app antispreco, si è generato un movimento che coinvolge i privati, ma anche grandi aziende e istituzioni.
Ne abbiamo parlato con Eugenio Sapora, Country Manager di Too Good To Go.
Tra i progetti significativi c’è senza dubbio il Patto contro lo Spreco Alimentare, un’alleanza virtuosa tra imprese, associazioni di consumatori ed enti del terzo settore finalizzata a contrastare lo spreco alimentare portando il tema al centro del dibattito pubblico e privato attraverso azioni concrete e di sensibilizzazione.
Ma è riduttivo parlare solo di un’app o di come, nella pratica, si riduca fattivamente lo spreco. Ciò che bisogna scuotere sono le coscienze, sia singole che collettive.
Ogni connessione ne genera un’altra. Qual è il tragitto che state seguendo in Italia?
Le buone idee, come il buon cibo, trovano e troveranno sempre un modo di essere valorizzate. Ciò che conta è essere connessi con gli altri e con un insieme di valori condiviso che è fatto di piccoli gesti quotidiani che, moltiplicati per milioni di volte, sono un cambiamento travolgente.
L'atto del mangiare come percorso complesso e ricco di connessioni identitarie, sacre, agricole e territoriali.
Nasce una cucina etica: la passione per il cibo incontra la valorizzazione della materia prima locale. Dal Brasile, l’esempio dello chef stellato Alex Atala.