Gli italiani e
la sostenibilità:

verso una connessione possibile

La “rivoluzione verde” è iniziata, è scesa per le strade ed è entrata nelle case e nei luoghi di lavoro degli italiani.

E continua nel suo inevitabile percorso nonostante gli stalli della politica internazionale, gli ostacoli dello scenario globale e gli eventi sconvolgenti e imprevedibili – come pandemia e conflitti – che rischiano di ricacciare l’umanità indietro di un secolo.

I suoi paladini sono quelli che lo scienziato canadese Steven Pinker definisce gli “ecomoderni”, ossia cittadini che affrontano in modo pragmatico, concreto e appassionato il percorso verso una sempre maggiore sostenibilità.
A testimoniare la forza di questo movimento diffuso e “tranquillo”, che procede dal basso, dall’impegno di milioni di persone, sono tanti i segnali.

In Italia siamo i secondi d’Europa nel riciclo dei rifiuti – 47% dei rifiuti urbani secondo il rapporto L’Italia del Riciclo 2021 – e ci siamo convertiti con convinzione alla raccolta differenziata, considerata da oltre due italiani su tre come un gesto utile alla collettività, rivela una ricerca di Comieco.

In dieci anni sono cresciuti del 133% gli acquisti di prodotti biologici, oggi presenti nel carrello della spesa di 89 famiglie su 100 (fonte Nomisma), e in 24 mesi abbiamo aumentato del 17% gli acquisti di biciclette, con un +44% per quelle elettriche (fonte ANCM/Legambiente).

Poi abbiamo scoperto quant’è naturale e comodo dotarsi di una borraccia per l’acqua potabile, siamo tornati a comprare gli alimenti sfusi e a preferire quelli confezionati in packaging più ecologici o con sistemi ricaricabili.

E poi ci siamo appassionati al “second hand”, scelto nel 2021 da quasi 23 milioni gli italiani (fonte Osservatorio Second Hand Economy), scoprendo com’è “sano”, buono e giusto, e anche divertente e vantaggioso, rimettere in circolo quel che non usiamo più, ridurre gli sprechi e dare nuova vita agli avanzi, di ogni genere.

Piccoli gesti che però, applicati nella vita quotidiana da un numero crescente di persone, fanno la differenza e confermano come la sostenibilità, in tutta la sua affascinante complessità, sia entrata nella mente e nella vita degli italiani.

Una consapevolezza di fondo che trova terreno fertile soprattutto quando la salute del pianeta si intreccia con quella personale, com’è il caso degli alimenti ottenuti con tecniche a basso impatto ambientale e con gli eco-cosmetici biologici, percepiti anche come più “sani” e naturali, e quindi più benefici.
E poi c’è il grande tema del benessere animale: se da un lato cresce il numero di chi, per ragioni etiche, rinuncia ai prodotti di origine animale (il 6% della popolazione), dall’altro aumenta soprattutto quello dei cosiddetti flexitariani (25%), ossia di coloro che riducono i consumi di carne considerando che l’allevamento intensivo è una delle maggiori cause di produzione di CO2 e di consumo di suolo e di acqua.

Di mese in mese l’attenzione alla sostenibilità si riempie di nuovi contenuti, aspetti, declinazioni e sfide.
I consumatori sono chiamati a diventare “consumattori” e quindi a informarsi per fare scelte più oculate e informate allo scopo di continuare a diminuire l’impatto ambientale dei loro stili di vita.

Le ricerche, sempre più numerose, che hanno indagato il rapporto tra italiani e sostenibilità arrivano alle stesse conclusioni: 32 italiani su 100 ritengono che quella ambientale sia prioritaria (fonte Censis) e 44 la ritengono un requisito fondamentale di prodotti e servizi (fonte Sap). Ma si deve sposare con una sostenibilità anche economica: il 78% degli italiani è sì disposto a spendere di più per un prodotto green, ma non oltre il 5% (fonte Deloitte). E quindi ora la grande sfida per le imprese è questa: mantenere stabili i prezzi dei prodotti, ripensare i propri modelli produttivi e le proprie filiere.

Per chi riuscirà a offrire il miglior rapporto qualità ambientale/prezzo saranno tutte rose e fiori, giusto per restare nel verde.

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