Strumento vincente nel risolvere problemi e guidare l’innovazione: il valore di questa disciplina, strategica sin dai banchi universitari.
“Ehi! Benvenuti! Non ci vedete? Guardate meglio, ci siamo anche noi... Dove? Qui! In basso. Sì! In basso, proprio sotto i vostri piedi! Noi siamo zolle di terriccio. Insieme formiamo il suolo! Lo sapete che cosa fanno, tutti insieme, i numerosi organismi (piante, animali, funghi e batteri) che abitano il suolo? Sostengono la vita sulla Terra.”
Sono le parole che introducono a SOILAB, il kit didattico dedicato al suolo, ideato e realizzato da Re Soil Foundation per le scuole primarie e secondarie inferiori. Un kit a disposizione di qualunque scuola (o, perché no, privato cittadino) ne faccia richiesta. A comporlo sono 4 strumenti: una brochure illustrata, un poster-Game, un quaderno per insegnanti, alcune schede Attività & Laboratori.
Il motivo alla base di questo kit è semplice: promossa dall’Università di Bologna, Coldiretti, Novamont e Politecnico di Torino, la Fondazione Re Soil nasce per la salvaguardia del suolo e si pone l’obiettivo di dare impulso alle politiche in favore della rigenerazione territoriale. Lo fa promuovendo la ricerca scientifica, il trasferimento tecnologico, la formazione, la divulgazione e la creazione di consapevolezza.
SOILAB è uno degli strumenti pensati per promuovere attività educative dedicate ai giovani. Informare e sensibilizzare le nuove generazioni è una tappa cruciale nella grande sfida per riportare in salute uno dei beni più importanti e allo stesso tempo sottovalutati del pianeta: il suolo.
Sotto i nostri piedi infatti c’è molto più che terra e rocce. Il suolo è dominio di biodiversità. Ogni piccola zolla può pullulare di vita. Piccoli, a volte piccolissimi organismi di specie diverse che svolgono un ruolo fondamentale nel funzionamento del suo ecosistema. Non è solo una questione cara a chi ha a cuore l'ambiente. Il suolo è il punto di partenza per il 95% della nostra produzione alimentare, per la crescita della vegetazione, per la raccolta, filtrazione e trasporto del flusso di acqua verso le falde acquifere e i fiumi, per la rimozione di contaminanti e per la mitigazione del clima e impatto della siccità. È nel suolo che si formano i nutrienti che le piante assimilano e consentono alla biomassa di immagazzinare carbonio (carbon sink), contribuendo alla riduzione delle emissioni di CO2 e contrastando il cambiamento climatico.
La sostanza organica contenuta nel terreno rappresenta la principale caratteristica per determinare la qualità del suolo e le sue capacità nutritive verso i suoi microrganismi e le piante, e dunque la fertilità del terreno.
In questo ecosistema unico, l’uomo introduce sostanze aggiuntive rilasciate dall’industria, dai trasporti, dall'agricoltura e da altre attività economiche. Metalli pesanti, inquinanti organici, microplastiche, prodotti chimici di sintesi di cui ancora oggi l'agroindustria abusa. Il suolo in cui coltiviamo i nostri prodotti alimentari viene così contaminato, con impatti significativi sulla salute umana degli ecosistemi.
La fotografia attuale della condizione dei nostri suoli è impietosa: il 60-70% è compromesso a causa delle attuali pratiche di gestione, dell’inquinamento, dell’urbanizzazione e degli effetti del cambiamento climatico. I terreni danneggiati hanno un livello di sostanza organica inferiore alla soglia minima che permette il corretto funzionamento del sistema suolo-pianta.
Nell'Unione Europea si contano poi quasi 3 milioni di potenziali siti contaminati, dei quali appena il 24% è inventariato.
Gli apporti di nutrienti nei terreni agricoli sono a livelli di rischio di eutrofizzazione di suolo e acque. I terreni coltivati perdono carbonio a un tasso dello 0,5% all’anno.
Il costo ambientale e sociale è enorme. Ma quello economico non è da meno: i costi provocati nella UE dal degrado del suolo ammontano a 50 miliardi di euro ogni anno. Solo i danni provocati dalla diminuzione di sostanza organica non sono inferiori ai 3 miliardi l'anno.
In base alle stime ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), ogni minuto perdiamo 100 metri quadrati di suolo. Questa perdita si misura in quantità, ma anche in qualità: scompare il suolo fertile e per sperare di rigenerarlo dobbiamo aspettare secoli. Occorrono più di 2000 anni per formare 10 centimetri di terreno.
Il Global Land Outlook, la piattaforma di osservazione delle Nazioni Unite, stima che le pressioni antropiche stanno compromettendo 24 miliardi di tonnellate di terreno fertile l’anno. L’Atlante mondiale della desertificazione, realizzato dal Centro comune di ricerca (CCR) della Commissione europea, mostra come l’incremento demografico unitamente ai cambiamenti dei modelli di consumo abbiano degradato il 75% delle aree terrestri.
Leggendo queste cifre dovrebbe essere chiaro perché non possiamo più continuare a sottovalutare la questione suolo. La Commissione europea, non a caso, nel 2019 ha varato la Mission Soil Health and Food. Il suo obiettivo è ambizioso: rendere sano almeno il 75% dei terreni entro il 2030. A novembre scorso, poi, Bruxelles ha reso pubblica la Strategia Europea sul Suolo al 2030 come parte integrante del Green Deal europeo. La strategia definisce misure per proteggere e ripristinare i suoli e garantire che siano utilizzati in modo sostenibile. L’obiettivo principale è far sì che, entro il 2050, tutti gli stati membri della Comunità Europea evitino di consumare suolo (zero net land take) e, attraverso azioni concrete e sostenute da incentivi scientifici, tecnologici ed economici, possano supportare la tutela e - dove necessario - la rigenerazione del suolo.
Centrare questi traguardi non è irrealistico. Ma servono azioni decise da parte delle istituzioni nazionali e sovranazionali, insieme a una collaborazione di tutti i protagonisti pubblici e privati. Noi tutti non dobbiamo ovviamente sentirci esclusi dalla sfida. Anzi: è indispensabile un cambiamento radicale delle nostre abitudini, di cittadini e di consumatori. Prima di tutto, però, serve essere consapevoli del problema e stimolare la crescita di buone pratiche in ambito agricolo e scientifico da replicare altrove.
Proprio su questo sta lavorando Re Soil Foundation insieme ad altre organizzazioni, ricercatori ed esperti. Da un lato, stiamo sviluppando strumenti (come il kit didattico) destinati ai cittadini di qualunque età e attraverso iniziative di formazione e divulgazione. Dall'altro, mettiamo in pratica le linee guida indicate dal Mission Board Soil Health and Food mediante la costruzione di una rete di lighthouse farms. Vere espressioni d’eccellenza dal punto di vista dei servizi ecosistemici al suolo e dell’innovazione, che meritano di essere valorizzate adeguatamente per riportare l'agricoltura a essere non più un problema ma un tassello fondamentale della soluzione al problema della crisi climatica e della salute dei terreni.
“È sotto i nostri piedi, ma non pensiamo mai al suo valore. Lo calpestiamo, lo maltrattiamo, ma un suolo sano e fertile è vita. È ora di prendercene cura e ognuno di noi può e deve fare la differenza.”
Strumento vincente nel risolvere problemi e guidare l’innovazione: il valore di questa disciplina, strategica sin dai banchi universitari.
“L’arte non ha previsto il futuro, ma anticipato i tempi.”
Giulietta Fara, direttrice artistica del Future Film Festival, e i messaggi ambientalisti nel cinema.