IL DESIGN PER LA FORMAZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ

La parola sostenibilità è ormai onnipresente; a proposito e, spesso, anche a sproposito.
Se prima, in ascensore, ci si scambiava convenevoli sulle previsioni del tempo, oggi si parla delle sue anomalie, del cambiamento climatico e di insostenibilità.
Lo stesso capita nei contesti professionali, nei quali la sostenibilità è diventata, fortunatamente, un obiettivo costante, imprescindibile e - nel bene o nel male - strategico.

Ma come ci muoviamo in questo nuovo scenario? Conosciamo davvero il significato di questa parola? Abbiamo modelli e strumenti formativi per agire nella direzione corretta?

Possiamo tranquillamente affermare che oggi esiste una “generazione sostenibile”, nata in un periodo storico in cui i temi intorno alla sostenibilità sono affrontati fin dalla scuola materna con azioni didattiche esperienziali e di tipo seminariali.
Sovente, però, queste attività non sono strutturate e, soprattutto, sono lasciate all’autonomia dei singoli docenti, non supportati da strumenti didattici adeguati (libri, laboratori, toolkit didattici, piattaforme informatiche) o dotati del giusto know-how.

La sostenibilità è ormai definibile come una nuova scienza basata su un approccio integrato e transdisciplinare, orientata a studiare e interpretare la complessità delle interazioni tra economia, società e natura per proporre soluzioni concrete a problemi complessi che, a livello locale e globale, minacciano la sopravvivenza stessa dell’umanità.

La questione della sostenibilità è stata percepita per molto tempo come un limite (cfr. Limiti, tema di INNESTI #6): un vincolo al fare, al produrre e al consumare.
Oggi, emerge che la sostenibilità è, al contrario, soprattutto un incentivo ad “agire” e prima ancora a “pensare” in maniera diversa.

È un’occasione per fare innovazione, innovazione sostenibile.

Un settore che ha saputo leggere l’urgenza di tale problematica è stato il design.
Secondo la World Design Organization, il design ecosostenibile è strategico per la risoluzione dei problemi, guida l’innovazione, crea successo aziendale e conduce a una migliore qualità della vita attraverso prodotti, sistemi, servizi ed esperienze innovativi.

Il dialogo tra le discipline del design e della sostenibilità è quindi inevitabile ed è già attivo e da potenziare in ambiti in cui ancora non sono noti i vantaggi di un approccio design oriented.

Il design è la disciplina che per prima ha introdotto all’interno dei propri percorsi formativi i corsi di Requisiti ambientali per il design e, sempre tra le prime, ha istituito interi corsi di laurea dedicati al Design sostenibile.

Oggi la promozione del ruolo sociale del design e l’orientamento dei futuri designer verso la sensibilità e la responsabilità nei confronti delle questioni sociali e ambientali è prassi consolidata di tutti i corsi di laurea in Italia e a livello internazionale.
Alla base della formazione per il designer contemporaneo c’è la contaminazione disciplinare, l’interdisciplinarità: l’incontro tra background diversi, un’inedita fusione di saperi, la collaborazione tra realtà eterogenee per visione e strategia e la partecipazione esperienziale condivisa tra mondo reale e mondo digitale.

Questi i presupposti del Corso di Laurea interateneo in Design Sostenibile per il Sistema Alimentare promosso dall’Università di Parma e dal Politecnico di Torino. Un percorso studiato per formare designer nell’ambito alimentare, al servizio dell’ambiente, della società e del sistema produttivo. Due Università in dialogo con vivaci ecosistemi di enti, aziende e organizzazioni impegnate, da tempo, sui temi della produzione e dell’accesso al cibo.

In linea con questo modello didattico, presso la Scuola Master del Politecnico di Torino è nato tre anni fa il progetto di Master in Eco Packaging Design - Systemic Innovation Design. Un percorso formativo che affronta in modo interdisciplinare gli aspetti strategici e progettuali del design, della comunicazione e della sostenibilità per il progetto del packaging. Un Master che unisce gli aspetti funzionali e comunicativi con le questioni sostenibili su materiali, processi produttivi e comportamenti. I laboratori progettuali interdisciplinari vedono l’intrecciarsi di tre discipline differenti ma complementari (materiali, processi e design), fornendo agli studenti gli strumenti necessari per affrontare la complessità del tema packaging.

Questi due progetti rappresentano delle best practice in ottica di formazione per la sostenibilità, si tratta di possibili strade da intraprendere per rispondere in modo efficace alle sfide globali e soprattutto locali, per il breve quanto per il lungo termine. Strade quanto mai urgenti da abilitare, nei contesti aziendali e amministrativi, ma soprattutto in tutte quelle istituzioni che hanno come obiettivo la formazione e l’educazione dei cittadini, dei lavoratori, dei decisori del futuro: le università.

Urgente perché sempre più spesso parliamo di multidisciplinarità, interdisciplinarità e transdisciplinarità, ma si tratta di approcci non facili da applicare nei luoghi di studio attuali: contesti rigidi, sovente burocratizzati, assai chiusi a protezione di saperi e poteri, spesso spaventati dal confronto.
Gli insegnamenti universitari dovrebbero essere visti come interventi strategici che influenzano il modo in cui gli studenti tradurranno le risorse a loro disposizione in competenze e che si concretizzeranno in azioni.
Spesso i programmi proposti non coinvolgono gli studenti in attività, task e progetti che permettano loro di acquisire le risorse di base da tradurre in abilità necessarie e competenze.

È evidente quanto sia importante cambiare il modo di pensare la formazione a tutti i livelli. Il design thinking, l’attitudine al progetto sostenibile e la padronanza di avanzati strumenti tecnologici sono tutte cose che collegano la professione del designer, il mondo della didattica e il mondo digitale.

Per rendere questa mediazione efficace, è necessario stimolare un’interazione coinvolgente tra docenti, studenti e giovani del mondo universitario, favorendo processi di mediazione e interazione innovativa e inserendo nuove modalità didattiche pratiche, logiche, relazionali, comunicative, individuali e delocalizzate, ispirate a movimenti come la pedagogia making, la citizen science e l’attivismo pedagogico, metodi già accreditati dai professionisti del settore pedagogico.

Questo significa che c’è ancora molto spazio per fare innovazione. Ovviamente sostenibile.

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