Redazione interna

ARTE CONTRO ODIO

CIBO ha reso la street art uno strumento di denuncia sociale comprensibile a chiunque.

Pezzi di formaggio al posto di svastiche, cupcakes invece di croci celtiche e pasta e fagioli per cancellare i messaggi di odio.
Il cibo può esser un’arma per combattere odio e razzismo? Una fetta di pizza può insegnare l’etica e l’uguaglianza sociale?

Molto di più: “I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello; in materia di pensieri e sentimenti. L’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento”, così affermava il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, famoso soprattutto per aver coniato l’espressione “L’uomo è ciò che mangia”.
Semplifichiamo al massimo: cibo è sopravvivenza, e lo è per tutti.
Il cibo è la cultura universale che unisce persone e popoli, a prescindere da età, sesso, disabilità, razza, etnia, origine, religione, status economico o altro.
Una vera e propria forma di educazione civica che Pier Paolo Spinazzè, in arte CIBO, ha scelto di proporre e diffondere non dai banchi di scuola, ma di valorizzare coprendo i simboli di estremismo politico con colorati murales a tema gastronomico.

In una prospettiva di inclusione sociale, di condivisione e di dialogo, CIBO è la dimostrazione che la dimensione artistica del mondo agroalimentare può contribuire a favorire l’integrazione culturale e sociale fra le persone all’interno di una comunità, e fra questa e il mondo esterno.

- Come hai cominciato? E come mai proprio “il cibo”?

«Come tutte le cose belle, nasce un po’ per scherzo e un po’ per necessità. Ero stanco di vedere simboli fascisti, svastiche e scritte d’odio nella mia città e ho deciso di iniziare a coprirli con murales. Cercavo un simbolismo che mi permettesse di sensibilizzare sul tema e agire in maniera concreta per la mia città. Doveva essere qualcosa di territoriale e pop, qualcosa che arrivasse a tutti e che la cittadinanza sentisse come proprio. Il tema del cibo per noi italiani è molto importante, è un momento centrale e piacevole della nostra giornata. Il patrimonio gastronomico nazionale rappresenta un aspetto cruciale della nostra cultura. Poi mi sono reso conto che trovare una fetta di formaggio al posto di una svastica manda in confusione i neofascisti che, capendo solo l’odio e la violenza, di fronte a una “resistenza” fatta di cultura e all’arte non sanno come rispondere.

Tanti mi chiedono perché proprio il cibo. Perché no? In fondo il cibo siamo noi, la nostra tradizione e la nostra storia. Per noi italiani il cibo è qualcosa di sacro. Oltre tutto, per noi italiani il cibo rappresenta anche il principale momento di unione e di condivisione.»

Una magia buona, che lo street artist veneto realizza con passione e maestria a partire dalla sua città, Verona, ma che esporta volentieri “a segnalazione” o su commissione nel resto d’Italia e all’estero.
Un talento artistico al servizio della comunità, con grande originalità.

CIBO infatti riceve ogni settimana svariate segnalazioni da persone comuni, che gli indicano quando su un muro cittadino è stata aggiunta una scritta d’odio o di violenza.

- Come avvengono le segnalazioni?

«Mi scrivono spesso sui social o via mail, allegando foto e posizione. Sia quando appaiono nuove scritte, sia se i miei murales vengono vandalizzati. In realtà mi arrivano segnalazioni un po’ da tutta Italia, chiaramente non posso essere ovunque, ma almeno nella mia città faccio il possibile per intervenire.»

- L’alimento che scegli dipende dalla forma dello spazio da coprire o ha anche un legame con il contenuto da cancellare?

«Dipende. In linea di massima, quando è possibile, cerco sempre di creare un legame con il territorio e seguire la stagionalità, se esistono prodotti tipici della zona, per esempio, cerco di inserirli nell’opera. Poi tanti murales vengono progettati come una sorta di ricetta. Ovvero: sapendo che con forte probabilità saranno vandalizzati, a ogni intervento aggiungo un ingrediente fino a creare la ricetta completa. A volte queste performance durano anni.»

Con i suoi colori CIBO risponde all’odio e alla rabbia degli estremismi con la speranza, dandogli la forma di gustosi manicaretti, cancellando sistematicamente dai muri ogni forma di degrado e odio murale, messaggi violenti e scritte razziste e divisive.

Tra muffin, salsicce, opere complesse ed equazioni culinarie, CIBO - con il suo linguaggio visivo semplice e ironico - porta l’arte pubblica fuori dalle gallerie e dentro al cuore delle persone, rendendo commestibile e digeribile a chiunque il suo messaggio sociale.

Lo street artist definisce la sua arte come “resistenza artistica” e la considera come “un’arma” contro chi cultura non ha.

- Secondo te, odio e razzismo sono in aumento o in calo? È possibile educare le nuove generazioni all’etica dell’uguaglianza, alla tolleranza e all’inclusività sociale?

«È la mia speranza. Attraverso le mie opere cerco di comunicare i valori di rispetto e uguaglianza, cerco di sensibilizzare, ma anche di fare la differenza, mettendomi in gioco in prima persona. Spesso i miei murales vengono rovinati, ma io torno e tornerò sempre a rifarli, perché la speranza, l’umanità e il rispetto per l’altro non devono mai venire meno. Il messaggio che voglio dare con la mia arte è che ognuno può fare la differenza e può restituire qualcosa alla comunità con le proprie capacità e la propria creatività.»

Oggi CIBO vanta collaborazioni importanti e la notorietà di un artista internazionale. Dall’Ambasciata Italiana di Parigi alla Croce Rossa Italiana, passando per CUAMM Medici con l’Africa e Banco Alimentare, queste sono solo alcune delle organizzazioni sociali e umanitarie che richiedono il suo intervento come portavoce di valori e messaggi positivi.

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