IL CAMBIAMENTO È VITE

Space economy, viticoltura di precisione e vitigni resistenti:
per il Professor Attilio Scienza il problema del cambiamento climatico può trasformarsi in opportunità

Una mattina di gennaio del 1709, tutta l’Europa si svegliò coperta da una coltre di ghiaccio che si mantenne per diversi mesi. Quella gelata distrusse in una notte l’intera viticoltura europea. Fu il culmine della cosiddetta “piccola glaciazione”, un evento che sconvolse il ciclo delle stagioni e lasciò tutti in balìa di catastrofi meteorologiche di una violenza finora sconosciuta, anche perché l’Europa usciva da una fase calda, l’“Optimum climatico medioevale”, che aveva portato la vite fino in Scozia e sulle Alpi.

Questo è solo un esempio di come le crisi climatiche possano influenzare l’esistenza dell’uomo, al punto che si potrebbe rileggere la storia a partire dal clima (non è un caso che guerre, carestie, epidemie e grandi emigrazioni sono sempre coincise con i grandi cambiamenti climatici).

Per dirla con le parole di Emmanuel Le Roy Ladurie nel suo Canicules et glaciers: La storia della civiltà umana è la storia del tentativo, in larga misura coronato da successo, di sottrarsi alla dittatura del clima”. La storia della coltivazione della vite, di pari passo, è quella del tentativo di adattarsi, migrare, mutare e cambiare di continuo. Il cambiamento è vita. Il cambiamento è vite. Oggi, torniamo a parlare di cambiamento climatico poiché l’accelerazione del riscaldamento è evidente e quindi bisogna trovare soluzioni per mitigarne gli effetti.

Il cambiamento climatico influenza principalmente la temperatura, il volume delle precipitazioni e l’aumento dei fenomeni atmosferici; ciò si ripercuote sulle attività agricole e le coltivazioni, in particolare quelle specializzate come la vite.
Dal momento che i vitigni mediterranei rappresentano il 40% della superficie viticola mondiale, il settore deve guardare con una certa urgenza e attenzione al futuro per mettere in atto una serie di strategie agronomiche, organizzative e di mercato, e di adattamento.

Lo abbiamo chiesto al Professor Attilio Scienza, ordinario di Viticoltura all’Università di Milano, tra i massimi esperti al mondo di viticoltura ed enologia, e recentemente nominato presidente del Comitato Nazionale Vini, organo del Ministero delle Politiche Agricole.

“Il cambiamento è già avvenuto e continuerà ad avvenire. Ma non sottovalutiamo che il viticoltore viene da una tradizione di adattamento al clima veramente secolare. Inoltre, cambiamenti climatici che noi adesso stiamo subendo non sono così rari nella storia della viticoltura europea”.

Il problema principale, per il Professor Scienza, è relativo ai fenomeni di delocalizzazione della viticoltura dalle zone tradizionali a zone nuove che hanno un profilo climatico più favorevole. Il settore è ancorato a concetti antichi, come quello di terroir, che invece lega una produzione vinicola proprio ai contesti ambientali e culturali. “Il cambiamento climatico è una forte sfida alla permanenza di condizioni ottimali di produzione della vite, nelle loro aree originali”. Continua Scienza: “Un ruolo importante in futuro l’avranno certamente le varietà, cioè i vitigni che noi coltiviamo in molte zone dovranno un po’ alla volta cambiare. Non sarà semplice, ma bisogna farlo perché è sempre stato il metro col quale l’uomo si è adattato ai cambiamenti climatici. Il vitigno è stato lo strumento più efficace per adattarsi al cambiamento”.

Mentre appare difficile delocalizzare la gran parte della viticoltura italiana delle DOC/DOCG, in quanto si esprime in territori dalle caratteristiche pedoclimatiche ben definite, con rigidi vincoli dei disciplinari di produzione, molto più promettenti appaiono le prospettive di adattamento attraverso i progressi che si possono raggiungere con il miglioramento genetico e con gli interventi di tecnica colturale, anche alla luce dei recenti progressi ottenuti dalla ricerca.

“Il cervello della pianta è nella radice. Lì dobbiamo operare per cambiare il comportamento della pianta”.

Per il Professor Scienza, una considerazione particolare meritano gli interventi di miglioramento genetico (come per esempio creare nuovi portinnesti resistenti alla siccità o correggere il genoma per consentire l’espressione di geni a maggior controllo osmotico e stomatico) in quanto la vite è dotata di una grande capacità di adattamento, dovuto al suo assetto genetico che le consente di vivere in ambienti e climi molto diversi.

PROBLEMI GLOBALI, SOLUZIONI LOCALI: SPACE ECONOMY E VITICOLTURA DI PRECISIONE

La space economy da un lato, e la viticoltura di precisione dall’altro, sono indicate come risorse fondamentali per la mitigazione degli effetti del clima sulla viticoltura. La prima, caratterizzata dalla combinazione tra dati satellitari e avanzate tecnologie digitali, può migliorare le conoscenze di base sugli effetti del cambio climatico, attraverso lo sviluppo di modelli previsionali che consentirebbero interventi di tecnica colturale tempestivi. La tempestività è la parola d’ordine per dare efficacia agli interventi di mitigazione nei confronti del cambiamento climatico.
La viticoltura di precisione fa parte del settore della Precision farming, branca dell'ingegneria agraria che si avvale di tecniche di rilevazione satellitare e di geolocalizzazione grazie alle quali è possibile aumentare la qualità del prodotto e abbassare i costi.

È possibile dunque coltivare la vite in modo sostenibile? La risposta va cercata nell’eliminare o ridurre i trattamenti sulle piante e produrre quindi vini di alta qualità nel rispetto dell’ambiente circostante, e per fare questo occorre puntare sui vitigni resistenti e quindi risultato di numerosi miglioramenti genetici. Il futuro della viticoltura sta nella scienza e nel miglioramento genetico dei vini.

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