Agricoltura 4.0: 
l’orto in fondo al mare

C’è un giardino subacqueo nel mare davanti Noli, in provincia di Savona. Qui si coltiva il basilico, ovviamente, perché il pesto ligure non può mai mancare nei piatti di questa regione; ma anche fagioli, piselli, fragole e piante aromatiche come melissa, maggiorana, timo, santoreggia, origano, salvia e passiflora.

Mossa da curiosità e un po’ fantasticando tra l’immaginario di Ventimila leghe sotto i mari e il mito di Atlantide, ho incontrato Federico Giunto, responsabile della comunicazione e della diffusione di questo eccezionale progetto, completamente reale.

L’ORTO DI NEMO

L’Orto di Nemo è il fantasioso nome di battesimo dell’idea realizzata nel 2012 dall’ingegnere Sergio Gamberini, presidente dell’Ocean Reef Group, per creare una biosfera subacquea, un progetto ecosostenibile tutto italiano.
6 cupole di 2 metri di diametro l’una, ancorate sul fondo del mare. Un orto subacqueo.
Strutture acriliche, somiglianti a dei grandi palloncini in plexiglass che tengono circa 2.000 litri d'aria e galleggiano tra i 5 e i 10 metri di profondità a un centinaio di metri dalla costa.
Vere e proprie serre sottomarine allestite con cupole trasparenti per consentire il passaggio della luce, fondamentale per la fotosintesi.
All’interno di queste biosfere le piante crescono con un microclima ideale, a una temperatura mite e costante tra i 24 e i 32 °C. L’elevato tasso di umidità, tra l’80 e il 90%, e l’elevata concentrazione di anidride carbonica, sono gli altri elementi indispensabili per la crescita delle piante.
In ogni biosfera crescono rigogliosamente tra le 65 e le 95 piante.
Il progetto Orto di Nemo studia e sperimenta costantemente per ampliare la varietà di tipologie di piante coltivabili. A oggi sono stati testati circa 100 diversi tipi di piante; si è cominciato a coltivare anche altre erbe aromatiche ed edibili, come stevia, insalata e piante a uso farmaceutico o cosmetico, come per esempio l’aloe o le bacche di goji e alcune tipologie di tabacco selvatico utilizzati per lo sviluppo dei vaccini contro il COVID-19. Si sta anche collaudando la possibilità di ricavare fertilizzante naturale dalle alghe.
In tutti i casi, con grande stupore e soddisfazione, le germinazioni si sono verificate dopo appena 36-48 ore, mentre la stessa tipologia di pianta, in condizioni normali, impiega circa 5-7 giorni.

AGRICOLTURA BIOLOGICA

L’irrigazione? L’acqua marina, evaporando naturalmente con luce del sole, genera una condensazione di acqua dolce sulle pareti interne delle serre, creando così un sistema autosufficiente e naturale di irrigazione. Ovviamente l’intero sistema è costantemente monitorato da terra con un sistema audio/video.
Un progetto tutto ecologico, dunque, e completamente autosufficiente che sfrutta le energie rinnovabili dal sole e dall’acqua del mare.

Questa tipologia di orto non ha infatti alcun impatto negativo sull’ecosistema marino, e le piante all’interno delle biosfere sono decisamente inattaccabili da insetti e parassiti: l’uso di pesticidi chimici è completamente eliminato, e la coltivazione risulta 100% biologica.

La fase forse più delicata è quella del raccolto. L’acqua salata ha un effetto devastante sulle colture, perciò è essenziale evitarne ogni contatto diretto. Gli addetti alla raccolta devono prestare la massima cautela: occorre sciacquarsi con acqua dolce e usare contenitori stagni per portare le piante in superficie, ed è necessario proteggerle anche dall’esposizione diretta alla luce solare.
Ebbene, l’Orto di Nemo rappresenta un importante esperimento di agricoltura idroponica fuori dagli schemi convenzionali. Una soluzione virtuosa e sostenibile da replicare per sopperire alle problematiche legate all’agricoltura sempre più compromessa dai cambiamenti climatici, dall’utilizzo di pesticidi, dall’impoverimento del suolo e dall’eccessivo sfruttamento delle aree coltivabili a discapito delle foreste.

OLTRE I LIMITI DEL CONVENZIONALE

L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) stima che nei prossimi 20-30 anni il mondo avrà bisogno del 50% in più di cibo, del 45% in più di energia e del 30% in più di acqua per sostenere una popolazione globale prevista di nove miliardi o più.

Secondo la FAO, sostenere la transizione verso pratiche di produzione più sostenibili è un prerequisito per lo sviluppo sostenibile al fine di aiutare lo sviluppo dell'agricoltura in ambienti ostili e inospitali; coltivare colture, piante, in ambienti protetti e privi di parassiti; sostenere colture delicate, sensibili ai cambiamenti climatici; favorire la coltivazione di piante contenenti principi attivi e/o essenze pregiate.

Nell'attuale scenario di sbalorditiva crescita demografica, possiamo considerare l’agricoltura sott'acqua un modo alternativo, sostenibile e oltre i limiti del convenzionale per aumentare raccolti e soddisfare le future esigenze alimentari in modo efficiente in termini di costi, soprattutto nelle regioni colpite da gravi siccità o dalla scarsità di terreni agricoli.

I mari rappresentano una riserva d’acqua e di spazio molto ampia e potrebbero diventare una valida alternativa alla carenza di terre coltivabili, specialmente in alcune aree del pianeta.

La fascia climatica del nostro Paese è ideale per la maggior parte delle piante. Ma questo sistema può essere adottato anche in altre regioni del mondo. Per esempio può essere applicato nelle zone tropicali, caratterizzate da una grande escursione termica tra giorno e notte. In questo caso gli stress termici per le piante vengono meno grazie alla protezione del mare. L’iniziativa può essere anche un’opportunità per tutte le aree in cui è impossibile coltivare per mancanza di terra o di risorse idriche.

Rendere ospitale un luogo inospitale per la coltivazione è una prospettiva importante, soprattutto per lo sviluppo alimentare.

Il cambiamento climatico che la Terra sta subendo porta di fatto diversi impatti negativi su numerosi settori, e quello più vulnerabile è sicuramente quello dell’agricoltura.

Certamente non solo per colpa del climate change, ma anche delle conseguenze dell’agricoltura intensiva e industriale: l’agronomia moderna, l’allevamento delle piante, i pesticidi, i fertilizzanti e i miglioramenti tecnologici hanno aumentato i raccolti della coltivazione, ma, allo stesso tempo, hanno provocato danni ecologici ed effetti negativi sulla salute.
Il problema più allarmante causato dalle coltivazioni è che esse sfruttano circa il 70% di acqua dolce a livello mondiale. L’agricoltura attinge dalle falde acquifere e dalle fonti sotterranee ormai a un ritmo insostenibile. E in esse riversa poi residui chimici e composti nocivi derivanti dall’abbondante utilizzo di fertilizzanti e pesticidi.

Inoltre queste colture 4.0 hanno dimostrato una qualità organolettica pari o addirittura superiore alle piante provenienti da coltivazioni tradizionali.
La pianta sviluppa più pigmenti per mantenere la fotosintesi clorofilliana anche con poca luce e il sapore degli alimenti resta invariato! Non resta che provare!

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