La rigenerazione rurale necessita di fare un passo in avanti: dalla filiera industriale alla “filìa”. La parola a Lucio Cavazzoni, presidente di Good Land.
La prima volta che ho incontrato Massimo Bottura ero nella sua cucina di Modena.
Mi ritrovavo dietro le quinte di uno dei ristoranti più famosi al mondo, vis-à-vis con lo chef più osannato dalla critica gastronomica internazionale, e mi sentivo perfettamente a mio agio, come fossi davanti ai fornelli di casa mia, con un amico.
Ho così potuto comprendere appieno la portata della visione di Food for Soul, la Onlus in cui l’idea dei Refettori converge e prende forma di progetto sociale e culturale.
Ogni Refettorio nasce con l’obiettivo di aiutare la comunità attraverso la lotta contro lo spreco alimentare e l’isolamento sociale.
Food for Soul nasce con lo scopo di incoraggiare organizzazioni pubbliche, private e non-profit a creare e sostenere Refettori in tutto il mondo, e per farlo coinvolge professionisti di diversi settori, come chef, architetti, produttori e distributori alimentari per promuovere e contribuire alla nascita di questi progetti comunitari alternativi.
Alternativi perché grazie all’intervento di architetti, designer e artisti, i Refettori si trasformano in luoghi unici, capaci di riflettere ed esaltare tradizioni e usanze della comunità che li accoglie.
Bottura crede nel cibo, nella cultura e nell’arte, ed è fortemente convinto che insieme, questi tre ingredienti, hanno la forza di creare un impatto collettivo, per assicurare il benessere delle persone e la salute del pianeta.
Utilizza il potere della bellezza, il valore dell’ospitalità, l’amore per il cibo e la qualità delle idee come strumenti per innescare il cambiamento sociale.
Restituire, è il tema portante del progetto Food for Soul.
Restituire tutto ciò che andrebbe sprecato, come cibo, spazi, tempo, energie.
«Questa non è beneficenza, è cultura», ho sentito ripetere spesso a Massimo.
Una cultura che incoraggia un sistema alimentare salutare ed equo, mi sento di aggiungere.
Alle ore dei pasti ho visto questi ambienti animarsi, i volontari servire con un sorriso un piatto caldo a chi non ha nulla. Un piatto caldo che nutre, che rende liberi e uguali, che include.
Perché la povertà non è solo una povertà economica, ma anche isolamento sociale, e condividere un pasto regala prima di tutto un’occasione di convivialità, di scambio, di umanità.
Mangiare seduti e serviti a tavola, in un bell’ambiente, curato, pulito e accogliente rientra in un progetto dal grande respiro umano, dove l’inclusione sociale restituisce dignità a chi pensa di averla persa insieme a lavoro, casa o affetto dei propri cari.
Un progetto che è ben lontano dal concetto di carità, ma che esprime la volontà di tendere la mano a chi, per qualche motivo, è scivolato ai margini della società.
E lo si fa anche attraverso buone ricette, bei piatti, tavoli e sedie di design, installazioni d’arte, attraverso la bellezza che porta via dall’abbruttimento.
Perché accedere alla bellezza deve essere un diritto di tutti. E i Refettori, che rappresentano la base della cucina popolare, sono accessibili a tutti.
Ma c’è di più.
In questi luoghi magici, non solo le eccedenze di cibo vengono magistralmente trasformate in pasti nutrienti, ma viene anche incoraggiato e sostenuto un percorso di reinserimento sociale attraverso corsi di formazione alimentari, professionali e artistici, cercando un dialogo con organizzazioni, istituzioni, fondazioni locali, aziende, produttori, artigiani, artisti e offrendo programmi educativi e occasioni di crescita personale, che possano portare anche all’inserimento lavorativo.
Luoghi in cui si promuove una concreta attività di inclusione sociale.
A me sembra abbastanza. E se ancora vi steste domandando perché mai prendersi carico e sostenere un progetto così impegnativo, aggiungo una provocazione, riportando un pensiero di Bottura:
«La conoscenza genera coscienza, la coscienza genera responsabilità.»
«What goes around comes around», perché la vita è tutto un circolo causa-effetto.
E il karma, si sa, non perdona.
La rigenerazione rurale necessita di fare un passo in avanti: dalla filiera industriale alla “filìa”. La parola a Lucio Cavazzoni, presidente di Good Land.
Estetica ed etica in un connubio virtuoso che, ben oltre le immagini stereotipate della pubblicità, ispirano la food photography firmata Roberto Savio.