Dal lusso gastronomico all’entomofagia, attraverso 
il food recycling

Che il mondo del food fosse un sistema etico mi è risultato chiaro ben prima di trovarmi ad affrontarne la narrazione visiva e comprenderne appieno le funzioni modellizzanti primarie.

Sin da bambino l’esempio dei miei familiari - foodies ante litteram - mi ha insegnato a rispettare il cibo e chi lo produceva, ad approfondirne i processi e a godere della ricerca gastronomica a prescindere dal valore del prodotto.
Educato al bello dalle medesime fonti, mi sono occupato in seguito, per studio e lavoro, di design, grafica, fotografia, direzione creativa.

Da queste esperienze, ancora in pieno corso, è scaturita la dimensione estetica, elemento fondante della mia progettualità visiva.
Estetica ed etica - le categorie platoniche di bello e di buono - sono sempre ben presenti nelle mie immagini e non potrebbe essere altrimenti, per quanto premesso e perché coesistono armoniosamente in qualsiasi soggetto della food photography: territorio, materia prima, operatori del settore, luoghi di vendita e consumo, pietanze, dando loro valore e, volendo, potenziandone il racconto.

Esempi di questo approccio, in cui non manca mai anche una vena paradossale, sono alcuni miei progetti fotografici, come ad esempio quello realizzato in occasione di un contest internazionale francese, sul cui tema, Luxe et Fête, mi sono interrogato a lungo per capire quale potesse essere il significato di lusso in ambito gastronomico, per poi arrivare alla conclusione che pane, burro e zucchero - la merenda dei baby boomers - fosse una buona risposta.
Nasce così Rêve d’un bébé gourmand, che insieme a En nageant avec les maqueraux e Tomates en Cour Carrée (acciughe con burrata e insalata di pomodori e cipollotti) nel 2013 trovano spazio al Carrousel du Louvre per un’esposizione dedicata ai finalisti del Festival International de la Photographie Culinaire.

Dall’unione di etica ed estetica nasce così un filone fotografico presente anche in altri miei progetti, caratterizzati dalla rappresentazione fine art di soggetti semplici, presentati con composizioni sofisticate e mise en plat ricercate, solitamente dedicate all’immaginario visivo del lusso.
Ne è un esempio Party Dinner, day after, dove affronto, in epoche non sospette, la tematica del riciclo (Polpette, già supreme di faraona, funghi porcini e castagne, Paste, fagioli e cozze e Nonna scaldami la pasta!)

Ho sempre pensato che le immagini della food photography dovessero essere considerate non solo belle fotografie a corredo di ricette, ma che potessero meritare a pieno titolo uno spazio come espressioni di un genere fotografico autorale, da annoverare tra le forme di arte contemporanea.

Tutto il mio lavoro in questo settore è orientato allo scardinamento dell’opinione comune secondo cui una foto food sia solo un’espressione commerciale o un contenuto editoriale.
Così come accaduto per altri generi, esempio la foto fashion che oggi nessuno può, se è il caso, non considerare arte, benché ispirata nella maggior parte dei casi da esigenze di comunicazione pubblicitaria; credo che i tempi siano maturi per iniziare a considerare anche le immagini di cibo oltre la loro valenza di semplice contenuto comunicativo.

Tematiche importanti necessitano di un’ampia progettazione narrativa, a maggior ragione se i media si esprimono per immagini.
Ogni mio lavoro si basa sui principi del design: strategia, funzionalità, estetica, narrazione, uniti a una tecnica fotografica still life accurata e a un’attrezzatura di alto livello sempre aggiornata; e contemporaneamente sulla collaborazione con Chef impegnati a sviluppare concept gastronomici fortemente orientati a principi etici ed estetici.
Vedono così la luce progetti come quello del Food Book Livellara, esempio di catalogo di tableware, dove però è il food a valorizzare il prodotto, con le pietanze (veri piatti serviti al ristorante e non semplici esercizi di stile) che si abbinano, per forma e colore, ognuno a un piatto del catalogo.
Queste immagini hanno vinto nel 2020 il primo premio dell’annuario Communication Arts per la categoria comunicazione corporate.

Supportato da uno stile personale, caratterizzato in massima parte da un approccio fine art, oltre che da una composizione pulita e essenziale, ho sviluppato recentemente un progetto delicato, in collisione con alcuni tabù che condizionano le abitudini alimentari occidentali, e cioè #entomophagy.

In questo caso è l’etica che pervade ogni aspetto del concetto di sostenibilità a ispirare la realizzazione di alcuni scatti, in cui l’estetica rende possibile presentare piatti tradizionali composti con l’aggiunta di insetti volutamente in evidenza, allo scopo di stimolare una reazione e, si spera, il dibattito sulla necessità di cambiare virtuosamente in tempi brevi e a livello globale le fonti di approvvigionamento di proteine animali.
Nel 2019, a partire da Parigi, Aspic avec Locusta Migratoria, Crème caramel avec Zophobas Morio e Pan di Camole avec Tenebrio Molitos trovano così spazio sulle pareti di diverse mostre francesi, oltre che nella comunicazione social dedicata, offrendo uno spunto di riflessione etico a migliaia di fruitori di arte fotografica in tutto il mondo.

E la ricerca continua, ogni giorno, scatto dopo scatto, anche attraverso la preziosa attività di formazione con cui condivido le mie conoscenze e la mia vision fotografica con un pubblico estremamente eterogeneo, interessato a capire cosa è veramente la food photography al di là delle immagini stereotipate dei social e dell’advertising, a testimonianza della sua evoluzione come medium multiculturale e soprattutto nuova corrente artistica.

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