I SEGRETI DELLA
serendipità
Illustrazioni di Giulia Ferla

La storia popolare della scienza è piena di aneddoti classici, talvolta pericolosamente confinanti con la leggenda, in cui un caso fortunato porta a scoperte rivoluzionarie: dalla penicillina di Alexander Fleming ai raggi X di Wilhelm C. Röntgen, dalla radiazione cosmica di fondo al forno a microonde.

L’elenco delle scoperte serendipiche documentate è davvero impressionante e tocca anche tecnologie oggi divenute essenziali per la nostra vita quotidiana, fra le altre: la moderna chemioterapia scoperta dagli studi sugli effetti dell’iprite nel secondo conflitto mondiale, la vulcanizzazione della gomma, il dagherrotipo, la saccarina, l’induzione elettromagnetica, il pacemaker, la celluloide, la luce al neon, il teflon, la vetroceramica, la seta artificiale, e molte ancora.

Ma siamo sicuri di avere realmente colto i segreti della serendipità?

Il termine serendipità - usato con il suo significato moderno per la prima volta nel 1754 dallo scrittore inglese Horace Walpole - deriva dai tre personaggi di una deliziosa favola persiana, i principi di Serendippo, che compiono un viaggio di iniziazione durante il quale “continuavano a fare scoperte, per accidente e per sagacia, di cose di cui non erano in cerca.”
Con serendipità oggi intendiamo la scoperta accidentale, quel fenomeno per cui gli scienziati stanno cercando qualcosa e trovano tutt’altro. Progettano un esperimento, si pongono una certa domanda di ricerca, ma poi nel corso del lavoro si imbattono in evidenze del tutto inaspettate.

Per andare oltre l’aneddotica, bisogna costruire una tassonomia del fenomeno. Secondo gli esperti, i processi serendipici nella scienza possono essere classificati in quattro categorie:

  1. le ricerche che nascono in un certo dominio e portano a scoperte in un altro (potremmo chiamarla serendipità transdisciplinare);
  2. le scoperte frutto di un’indagine libera e senza obiettivi prefissati;
  3. le soluzioni inattese a vecchi problemi che si cercava di risolvere da tempo;
  4. infine, forse la tipologia più interessante di tutte, le scoperte casuali che a posteriori si rivelano essere la soluzione a un problema emerso successivamente (per esempio la scoperta casuale del vetro misto a pellicole plastiche, che verrà poi utilizzato per i parabrezza infrangibili).

Ma quali sono le condizioni che favoriscono le scoperte serendipiche più promettenti?

La serendipità infatti non è puro caso. Come aveva già notato Louis Pasteur, essa richiede di essere pronti e ricettivi nei confronti di un risultato sorprendente. Bisogna capire subito di avere per le mani una scoperta inaspettata e non soltanto un esperimento malriuscito.
Chissà quanti esempi di serendipità sono finiti nel cestino e dunque nel dimenticatoio della storia, senza essere adeguatamente considerati a tempo debito. Sappiamo che esistono meccanismi che alimentano la serendipità: l’astuzia osservativa; l’introduzione di nuovi strumenti e routine; la capacità di imparare dagli errori e di capitalizzare risultati inaspettati; una controllata distrazione per non essere mai troppo focalizzati su un solo obiettivo né troppo testardi quando gli esperimenti sono recalcitranti rispetto alle aspettative; saper comprendere le anomalie rivelatrici e le deviazioni dai presupposti teorici di partenza.
Anche la collaborazione in ampie reti di scienziati, possibilmente diversi tra loro per estrazione e provenienza, rende più probabile la serendipità: osservare un fenomeno da più punti di vista, con sguardi e linguaggi disciplinari differenti, apre la mente e moltiplica le occasioni di scoperte serendipiche.

Nemici della creatività scientifica sono invece la troppa fretta di pubblicare, le pressioni sui risultati e la concentrazione dei finanziamenti su poche linee di ricerca tradizionali già di comprovato successo. Una sana slow science può talvolta favorire non solo un più ponderato controllo dei risultati sperimentali, ma anche la sperimentazione rischiosa di linee di ricerca più innovative.

Come scriveva il filosofo Karl Popper, la vera ignoranza non è l’assenza di conoscenza, ma il rifiuto di acquisirla. Gli scienziati sanno di non sapere. Non solo, tante più cose sanno e scoprono, tante più si accorgono di non sapere.
L’impresa scientifica è un’appassionante avventura della conoscenza in cui i punti di domanda, con il tempo, aumentano anziché diminuire.

La serendipità ci ricorda inoltre che dalla ricerca pura e disinteressata sono spesso scaturite scoperte imprevedibili che poi hanno avuto ricadute tecnologiche e cliniche straordinarie. Ne consegue che sarebbe futile o addirittura controproducente controllare e indirizzare troppo rigidamente la ricerca scientifica. Meglio lasciarla correre a briglie sciolte, intercettando serendipiche illuminazioni. La serendipità ci insegna, soprattutto, che la natura è più grande della nostra immaginazione, ed è sempre pronta a sorprenderci.

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SERENDIPITÀ

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