Ci servono idee luminose a basse emissioni. Ma intanto usiamo le soluzioni che abbiamo

Quando faccio lezione nelle scuole sui cambiamenti climatici e illustro la necessità di uno stile di vita più sobrio, meno energivoro, condito da qualche rinuncia (come ai viaggi aerei per turismo), gli studenti mi fanno molte domande su soluzioni improbabili della crisi climatica.

“Non saranno presto disponibili nuove forme di energia inesauribili e non inquinanti?”
“Non si potranno inventare delle tecniche per eliminare la CO2 dall’atmosfera?”
“Non si potrà in futuro comandare il clima a piacimento?”

Invece di prendere atto della grave situazione ambientale in cui siamo immersi, sforzandosi di cambiare le proprie cattive abitudini, si cerca la soluzione miracolosa, la bacchetta magica che ci tolga dagli impicci senza grandi fatiche, la tecnologia semplice che era sotto i nostri occhi, ma a cui nessuno aveva mai pensato.
Purtroppo sono tutte ricette fantasiose che violano quasi sempre i principi fisici basilari, oppure hanno costi ed effetti collaterali che le rendono irrealizzabili.

La mente umana è sempre curiosa e alla ricerca di novità o soluzioni a problemi, e quindi è un bene farsi queste domande, purché siano basate sulla perfetta conoscenza di quanto è già stato fatto in passato (inutile sprecare risorse per riscoprire l’acqua calda) e su cosa ci si può ragionevolmente aspettare dal futuro sulla base di quanto conosciamo.

È però fuori di dubbio che abbiamo bisogno anche di serendipità: non tutto è prevedibile in termini di indagine sistematica, ci sono combinazioni casuali di fattori, di materiali e di condizioni al contorno che potrebbero riservarci sorprese positive nella soluzione di molti problemi aperti in tema di sostenibilità; come il settore delle energie rinnovabili, dei trasporti sostenibili e del riciclo dei rifiuti.

Penso al gigantesco progetto ITER per la realizzazione del reattore a fusione nucleare in costruzione a Cadarache, in Provenza: non è detto che funzionerà, ma l’elevatissimo livello di fisica applicata e ingegneria di precisione che impiega, darà luogo sicuramente a importanti ricadute inattese nel settore dei superconduttori e dei nuovi materiali.
Dalla realizzazione dei satelliti e della stazione spaziale internazionale emergeranno probabilmente avanzamenti sulla produzione di energia solare e sull’autosufficienza energetica e idrica delle nostre abitazioni, mentre anche in biologia lo studio dei virus, dei batteri, o degli insetti e funghi patogeni per l’agricoltura potrebbe riflettersi positivamente su altri settori, come quello della fotosintesi artificiale, della produzione di biocombustibili o delle plastiche biodegradabili.

La serendipità può intervenire anche nelle vaste praterie delle applicazioni informatiche e telematiche, un universo recente e quindi foriero di possibilità: potrebbero emergere casualmente applicazioni che unite a monitoraggi da sensori remoti e all’analisi di big data apportino soluzioni in campi ancora inesplorati.

Ma in questo panorama di aspettative positive e di speranze salvifiche bisogna anche fare attenzione a mantenere i piedi per terra: nessuna legge fisica ci dice se e quando troveremo effettivamente per caso delle soluzioni valide ai nostri problemi di oggi. Per il momento non dobbiamo farci distrarre da prospettive desiderabili ma non pianificabili, e utilizzare al meglio quello che già conosciamo per limitare i danni della crisi climatica, ambientale, energetica, alimentare, sociale.
È come un medico di fronte a un malato grave: si spera in futuro di trovare una cura migliore, ma intanto tocca utilizzare i farmaci che abbiamo e non perdere nemmeno un minuto, altrimenti il malanno peggiora!


Quindi ai nostri studenti pieni di domande e di creatività, il messaggio è chiaro: un impegno immediato e concreto con le soluzioni esistenti per evitare di peggiorare la situazione, e occhi e mente aperti per cogliere tutti quei segnali che possono portare a percorrere strade laterali della conoscenza in grado di portarci verso nuovi orizzonti sostenibili.

In attesa di nuove feconde intuizioni, ho scritto questo articolo utilizzando l’elettricità dei pannelli fotovoltaici già perfettamente funzionanti sul mio tetto: frutto della scoperta casuale del fisico francese Alexandre Edmond Becquerel che nel 1839, all’età di 19 anni, si accorse che la luce solare causava lievi effetti elettrici su alcune sostanze, in particolare il selenio. Fu poi Russell Ohl che nel 1941, ai Bell Laboratories in New Jersey, mentre cercava di perfezionare l’elettronica di funzionamento dei primi radar, scoprì casualmente le proprietà fotoelettriche del silicio, molto più efficienti del selenio.
Bisognerà ancora attendere il 1954 perché ad opera di Gerald Pearson, Daryl Chapin e Calvin Fuller nascesse - sempre presso i Bell Laboratories - la prima cella solare in silicio in grado di generare elettricità in quantità rilevanti.
Un cammino di oltre un secolo nel quale la serendipità aveva agito più volte affinché i miei pannelli producessero con il sole di oggi l’energia pulita della quale abbiamo tanto bisogno!

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