Perché la geografia è così importante per la sostenibilità?
La parola al geografo Franco Farinelli.
Nel gennaio del 2020 mi hanno proposto di fare un TEDx a Barletta[1]. Ci ho pensato meno di 5 ore e poi ho detto sì. E ragionando sulle aspettative espresse e sui miei desiderata, ho scelto, come argomento, di affrontare il nudge come filo rosso tra pensieri e comportamenti sostenibili a cui lavoro da sempre.
Non da sempre però conosco la parola nudge, che si può tradurre “pungolo” o “spinta gentile”. È un metodo che deriva dall’economia comportamentale e dalla psicologia, studiato da illustri autori, tra cui spiccano in particolare due americani, Sunstein e Thaler.
Iniziai a familiarizzarci pochi anni fa senza comprenderne immediatamente la portata…. Salvo poi riflettere sulle tante progettazioni e azioni, condotte nella mia vita lavorativa, per costruire nuove possibilità di scegliere prodotti meno impattanti e quindi anche comportamenti sostenibili più appaganti.
Era questa la mia risposta a un bisogno di visione nuova per una società capace di nuove identità green.
Tutto nasce da un’osservazione basica: le norme, si sa, sono importanti perché possono cambiare gli scenari in cui ci muoviamo creando nuove leve e quindi nuove necessità, ma non sono sempre sufficienti a generare nuovi comportamenti improntati all’attenzione e al rispetto dell’ambiente.
Il rispetto per pianeta e persone non si impone solo con leggi e sanzioni. Un cittadino consapevole può contare ben di più di un cittadino obbligato.
È da ciò che nasce l’opportunità di adoperare spinte dolci (o gentili) che di fatto sono un’opzione in più che ci viene offerta, mai obbligata, per spostare i comportamenti e quindi disegnarne di nuovi.
La spinta si può attuare con le parole, o con il redesign di un prodotto, o usando opzioni di default (che agiscono sulla nostra pigrizia/inerzia) o attraverso l’esempio, che, come ben si sa, vale più di 100 parole.
Passiamo a degli esempi.
Il nudge si attua quando esiste un problema preciso a cui tentare di dare una soluzione attraverso comportamenti specifici.
Nudge di parole: se in un contesto lavorativo si vuole risparmiare energia perché troppo spesso le luci a fine giornata restano accese, si può scrivere su dei cartelli da posizionare accanto agli interruttori “i tuoi colleghi del piano superiore o dell’edificio limitrofo hanno già risparmiato il 35% dell’energia ricordandosi di spegnere la luce”. L’informazione unita al confronto con gli altri (effetto “norma sociale”) è potente, in altri casi si ricorre alla semplice informazione sulle qualità ambientali (per esempio) per orientare la scelta verso determinati prodotti.
Nudge di prodotto: se si intende spingere il risparmio di acqua, chi fa la doccia può utilizzare un doccino che dopo 7 minuti cambia colore. Questo induce a riflettere, senza imposizioni di sorta, su quanta acqua stiamo consumando e quindi spinge ad affrettarci per consumarne meno.
Nudge di default: se si vuole usare meno carta in ufficio per stampanti o fotocopiatrici, impostare l’apparecchio in modalità fronte/retro comporta un inevitabile e immediato risparmio. Se invece non lo si vuole, basta un click per annullarlo. Ma l’impostazione di default agisce sulla nostra inerzia comportamentale e quindi spessissimo vince.
Nudge di esempio: l’uso della borraccia, sostitutiva dell’acquisto di acqua imbottigliata, comporta meno produzione di rifiuti. Da qualche anno si è diffusa enormemente grazie a sempre più persone che la utilizzano e a borracce sempre più trendy a disposizione. L’effetto gregge che si è via via verificato sulle borracce ha spinto sempre più persone ad utilizzarle con disinvoltura e gioia, rendendolo addirittura un comportamento distintivo.
Il nudge trova nelle politiche per la sostenibilità un terreno particolarmente fertile perché nasce con l’obiettivo di allineare i comportamenti del presente agli obiettivi a lungo termine.
E cosa c’è di più importante a lungo termine, che una maggiore consapevolezza e proattività sostenibile?
In tal senso, viene invocato come uno strumento da aggiungere agli altri, per ridisegnare i nostri contesti urbani. Proprio quelli che oggi chiedono di cambiare pelle all’insegna di maggiore attenzione alle persone e di conseguenza all’ambiente.
Nel nudge le persone sono al centro.
Perché indipendentemente dal tema/problema da risolvere, o a cui tentare di dare soluzioni, l’ascolto delle persone e delle loro esigenze è il dettato da cui partire per immaginare nuovi comportamenti e quindi spinte gentili che funzionino, nuove forme di coinvolgimento che arrivano ai nuovi comportamenti.
Questo significa progettare comportamenti usando un nuovo alfabeto.
Il nudge ci dice che anche i comportamenti si possono progettare, non solo gli oggetti e i servizi.
E i comportamenti sono, specie nei contesti antropizzati, la risposta effettiva che decreta il successo o no di una politica, di un’architettura, di un nuovo servizio.
Sappiamo bene che, per quanto le parole contino e ci dicano chi siamo e perché siamo, alla resa dei conti ciò che fa la differenza sono solo i comportamenti.
Images Credits:
© Elia Barbieri
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