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Improvvisazione e rispetto, di se stessi e degli altri: in questo consiste la tecnica dello “Yes, and...”.
Dunque, mi sembra di poter dire che possa insegnare qualcosa anche a chi vive giù dal palcoscenico, per migliorare le tante relazioni che intessiamo tutti i giorni con colleghi, familiari e amici. Perché le parole e i dialoghi possono essere insostenibili o sostenibili, la sostenibilità non riguarda solo l’energia e i materiali, ma anche il mondo intangibile delle parole e dei pensieri.
Nel teatro dell’improvvisazione, forse il più simile alla vita, la tecnica del “Sì, e…” aiuta l’attore ad accettare e a costruire, aggiungendo un pezzo al messaggio, al comportamento o alla frase proveniente da un altro attore.
Se ci spostiamo dal teatro al mondo delle scienze sociali e a quello della psicologia, questo concetto lo potremmo tradurre con il nome di “intelligenza sociale”, ovvero quella capacità di relazionarsi con gli altri in modo costruttivo e rispettoso. Saper governare questo tipo di intelligenza significa mantenere la propria identità, rendendo però importante il nostro interlocutore, lavorando sulla relazione (coreferenza) più che sulla soggettiva (egoreferenza), cercando cioè di assecondare le aspettative dell’altro, esaltando la sua identità e scoprendo che le differenze, spesso, possono far emergere valore per tutti.
Negli ultimi mesi, per le celebrazioni dei 500 anni dalla sua morte, ho studiato approfonditamente il personaggio di Leonardo da Vinci, un talento innato per l’arte e la tecnologia, ma quello che mi ha colpito di più è scoprire questa sua capacità di gestire le relazioni in un ambiente non facile e variegato come quello delle corti rinascimentali.
Leonardo era dotato di una grandissima intelligenza sociale. Lo scopriamo fin dall’inizio della sua carriera, quando l’artista toscano decide di trasferirsi nel 1482 da Firenze a Milano alla corte degli Sforza, dove regnava il duca Ludovico il Moro, discendente di una casata di condottieri e grandi uomini di guerra.
Leonardo era “solo” un pittore e uno scultore, ma per creare la giusta atmosfera con il Duca di Milano, nella sua lettera di presentazione, si dipinse per quello che non era, ovvero un grande esperto di tecnologie per la guerra.
Scriveva così il grande genio toscano:
“Avendo constatato che tutti quelli che affermano di essere inventori di strumenti bellici innovativi in realtà non hanno creato niente di nuovo, rivelerò a Vostra Eccellenza i miei segreti in questo campo, e li metterò in pratica quando sarà necessario. Le cose che sono in grado di fare sono elencate, anche se brevemente, qui di seguito (ma sono capace di fare molto di più, a seconda delle esigenze):
- Sono in grado di creare ponti, robusti ma maneggevoli, sia per attaccare i nemici che per sfuggirgli; e ponti da usare in battaglia, in grado di resistere al fuoco, facili da montare e smontare; e so come bruciare quelli dei nemici.
- In caso di assedio, so come eliminare l'acqua dei fossati e so creare macchine d'assedio adatte a questo scopo.
- Se, sempre in caso di assedio, la fortezza fosse inattaccabile dalle normali bombarde, sono in grado di sbriciolare ogni fortificazione, anche la più resistente.
- Ho ideato bombarde molto maneggevoli, che lanciano proiettili a somiglianza di una tempesta, in modo da creare spavento e confusione nel nemico...”
L’elenco andava avanti così per svariati punti e, solo alla fine, Leonardo parlava delle sue capacità pittoriche e artistiche, che sarebbero state utili al Duca in tempo di pace.
Con un’ouverture di questo tipo, naturalmente, il Moro accolse nella sua corte l’artista toscano. I due collaborarono per quasi vent’anni, durante i quali Leonardo si occupò di arte, spettacolo e scultura; certo, disegnando affascinanti macchine da guerra, ma non realizzandone alcuna, visto che, tra l’altro, era un pacifista convinto.
Insomma, il più grande genio del Rinascimento e forse della storia deve molto alla sua intelligenza sociale, alla sua capacità di improvvisare e usare con maestria la tecnica dello “Yes, and...”, grazie alla quale sapeva instaurare relazioni di valore con chi incontrava sulla sua strada, trasformandosi virtuosamente, come un camaleonte, in quello che gli altri volevano vedere, pur continuando a fare quello che amava di più: progettare ed esplorare i tanti angoli del sapere.
Ora tocca a noi raccogliere la sua eredità e costruire un dialogo costruttivo con chi incontriamo sulla nostra strada...
Images Credits:
© Elena Xausa
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