Redazione interna
Conversazione con
Luca Albrisi

Luca Albrisi si definisce un nomade alpino, insegue una profonda passione per le attività outdoor, in particolare per lo snowboard “esplorativo”, e crede fermamente nella divulgazione della cultura outdoor come mezzo per contribuire a una presa di coscienza ambientalista biocentrica.

Possiamo parlare di filosofia dell’outdoor?

Certo che possiamo, ma come in tutti i contesti della vita esistono “filosofie” diverse e talvolta contrastanti.
La filosofia dell’outdoor – dove outdoor è inteso non solo in modo sportivo, ma come rapporto che abbiamo con gli spazi naturali – non è certo una sola. Esistono infatti modi molto diversi di guardare e intendere il “mondo fuori” e queste differenze si basano principalmente su diversi modi di intendere il rapporto tra uomo e natura. È proprio su questi presupposti che si giocano le enormi differenze di equilibri che queste visioni portano con sé.

Possiamo affermare che outdoor e coscienza ecologica si sostengano e si alimentino reciprocamente creando un equilibrio speciale tra uomo e natura?

Purtroppo no, nel senso che non è così semplice e immediato.
Come dicevo esistono diverse filosofie dell’outdoor, che alla base hanno diversi modi di intendere l’equilibrio tra uomo e natura e quindi diversi modi di fruire questi spazi. Per esempio spesso ci portiamo dietro il retaggio di una cultura di “boom economico” del secolo scorso secondo la quale gli spazi naturali sono intesi come risorsa economica e non come portatori di un valore-di-per-sé.
Questo può essere ricondotto a una visione antropocentrica del mondo secondo la quale l’uomo, piuttosto che cercare di vivere in equilibrio con le altre forme di vita (animali e vegetali), le sfrutta per fini che spesso violano i principi etici della naturale convivenza. In questo senso abbiamo creato un totale distacco da quello che realmente siamo – cioè natura – dimenticando le nostre origini biologiche e culturali.
Tornare a “essere outdoor” significa tornare sui nostri passi cercando di riequilibrare il nostro rapporto con l’ambiente e colmando quel distacco che abbiamo creato tra noi e la natura, ricollocandoci in essa.
Questa visione di noi stessi come parte integrante del mondo naturale credo sia la “filosofia outdoor” alla base di un equilibrio tra “fruizione” e rispetto del mondo naturale.
Allora in questo modo sì, l’outdoor può essere un fondamentale sostegno per sviluppare una coscienza ecologica dalle radici profonde.

Vedendo il tuo documentario The Clean Approach - https://vimeo.com/337229074 - affermi che comprendere e avvicinarsi alla cultura della sostenibilità è un percorso che ognuno può sperimentare in modo diverso, ma il passaggio più efficace e potente avviene quando si presenta l’occasione di entrare in empatia con il mondo naturale e animale: solo così l’uomo si identifica con l’ambiente e rivive intimamente l’originale equilibrio con la natura. Vuoi raccontarci un momento particolarmente rappresentativo del tuo percorso?

In realtà di episodi ce ne sarebbero tanti e diversi: da tutte le volte che mi sono trovato solo in spazi immensi con uno snowboard ai piedi a quando, più semplicemente, mi sono “perso” nel bosco dietro casa seguendo il bramito dei cervi. Credo però che il tratto comune di queste esperienze sia sempre quello di provare a viverle in un’ottica critica verso me stesso, provando cioè a rimpicciolire il mio “ego” di uomo cercando di amplificare il senso di appartenenza con quello che ho intorno. Trovo che essere in grado di empatizzare con ciò che ci circonda, così come essere in grado di sentirsi veramente parte dell’outdoor, sia un arricchimento indescrivibile per la nostra esistenza. Per questo credo che l’esperienza outdoor – quindi l’esperienza in natura – sia un tassello fondamentale per giungere a questa consapevolezza, per ritrovare noi stessi e la nostra reale posizione in equilibrio con il mondo.

Da questi presupposti prende vita The Clean Outdoor Manifesto (www.theoutdoormanifesto.org), un progetto che ha il fine di contribuire allo sviluppo di una cultura outdoor sostenibile innescando un cambiamento che venga dal basso e volto a costituire una massa critica nel mondo outdoor. Quando il tuo percorso individuale è passato ad essere un progetto di ispirazione condivisa?

Nel mio piccolo ho sempre provato a modellare la mia vita e le mie abitudini su questa filosofia e credo che questo debba essere il primo step fondamentale per ognuno di noi. Arriva poi un momento in cui capiamo che per generare un cambiamento reale è necessario agire in modo collettivo unendo la nostra voce a quella di altri che perseguono i nostri stessi obiettivi e, insieme, provare a modellare la nostra realtà. Proprio in quest’ottica è nato il The Outdoor Manifesto, per cercare cioè di veicolare il messaggio di come si possano cambiare gli equilibri all’interno della comunità outdoor di cui facciamo parte, proponendo un cambiamento che venga dal basso e sia frutto delle nostre voci.

Quali sono obiettivi del progetto per The Clean Outdoor Manifesto?

Il primo passo è stato quello di condividere una visione e lanciare una chiamata all’azione verso coloro che si riconoscono nel nostro Manifesto. Lo scopo era quello di creare una prima massa critica all’interno del mondo outdoor. I prossimi passi – in realtà già in atto da qualche tempo – sono quelli di portare il nostro gruppo verso azioni pratiche e concrete per fare in modo che si alzi l’attenzione verso determinate tematiche outdoor/ambientali. Questo significa cercare di influenzare il mondo outdoor nel suo complesso: da un lato quindi le scelte di sviluppo territoriale che riguardano gli ambienti in cui pratichiamo attività outdoor – si pensi ad esempio allo sviluppo delle aree montane, degli impianti turistici ma anche di ambienti di interesse naturalistico, come parchi nazionali, naturali, ecc. – dall’altro spingere le aziende produttrici di prodotti per l’outdoor a essere sempre più (realmente) sostenibili ed essere con noi in prima linea in queste azioni.

Avete già avuto occasione di intervenire con azioni concrete svolte sul territorio?

Alcune delle attività che avevamo in programma per questi mesi purtroppo sono state messe in stand-by a causa del Covid.  Siamo comunque riusciti a essere partner della Lago Santo 24h Run per la tutela del Lago Santo di Cembra (Val di Cembra) e attualmente siamo coinvolti in varie azioni e progetti per la conservazione di alcuni spazi montani messi in pericolo da progetti di “valorizzazione territoriale” quali Marmolada e Lagorai. In parallelo continuiamo con il nostro lavoro di informazione e scambio di visioni, facendo network con persone e associazioni che condividono i principi del Manifesto.

 

Per approfondire o vivere alcune delle Storie #THEOUTDOORMANIFESTO:

www.theoutdoormanifesto.org/journal

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