Un progetto, una missione: promuovere cosmetici di qualità e sostenibili per contribuire alla salvaguardia delle api, dell’ambiente e della nostra stessa vita.
Secondo la leggenda, al tempo degli antichi Greci, ci fu una disputa fra divinità per il controllo dell’Attica: Poseidone con il suo tridente colpì il terreno con così tanta forza da far sgorgare acqua salata. La contromossa di Atena, l’avversaria, fu molto diversa: piantare un ulivo. Cecrope, arbitro della gara, non ebbe dubbi sul vincitore e affidò l’Attica ad Atena. Con il suo dono la divinità aveva mutato per sempre la vita degli uomini. Da quel momento in avanti quell’albero sarebbe stato per gli esseri viventi fonte di nutrimento, faro nella notte e medicina per il corpo: a chi tentava di danneggiarlo spettava l’esilio.
Aristotele nella Costituzione degli Ateniesi dichiarò che chiunque abbattesse un ulivo meritava la pena di morte.
Ma come poter mandare in esilio, o condannare a morte, un batterio che attacca e distrugge gli ulivi?
La Puglia è la regione d’Italia con il più importante patrimonio olivicolo: oltre 60 milioni di alberi d’ulivo.
È anche la regione con la più alta concentrazione al mondo di ulivi secolari, se non addirittura millenari. Questi maestosi alberi, definiti anche “patriarchi”, caratterizzano il paesaggio della Piana degli Ulivi monumentali, un’area di grande pregio ambientale, storico e paesaggistico che si estende tra i Comuni di Ostuni, Fasano, Monopoli e Carovigno.
Questo patrimonio inestimabile è minacciato a causa del diffondersi nell’area della Xylella fastidiosa, uno dei batteri fitopatogeni più pericoloso conosciuto a livello mondiale. Vive e si riproduce solo nello xilema, i vasi che trasportano la linfa grezza nella pianta, occludendoli e determinando il rinsecchimento e quindi la morte dell’ulivo. Per diffondersi ha bisogno di un insetto capace di prelevare Xylella dalla pianta infetta e trasmetterlo ad altre piante sane: il Philaenus spumarius, noto come “sputacchina”.
La Xylella è stata identificata per la prima volta nel 2013 in Salento, ma era verosimilmente presente già da alcuni anni, e si è rapidamente diffusa verso il Nord della Puglia. A fine 2013, il Servizio Fitosanitario della Regione Puglia stimava in circa 8.000 ettari la superficie interessata dalla diffusione del batterio. A fine 2021, la superficie demarcata come infetta aveva raggiunto un’estensione di oltre 140 km in lunghezza, interessando il 40% del territorio pugliese, colpendo le intere province di Lecce e Brindisi, metà della provincia di Taranto, alcuni Comuni del barese, mettendo a rischio la Piana degli Ulivi monumentali.
Ma da dove è arrivato? Il batterio sarebbe arrivato attraverso una partita infetta di piante di caffè a scopo ornamentale dal Costa Rica. A contribuire alla diffusione una volta in Salento, una serie di condizioni favorevoli: quelle climatiche, ideali per la sua sopravvivenza; una presenza diffusa e continuativa dell’ulivo, rivelatosi l’ospite più suscettibile; l’abbondante presenza della “sputacchina”.
E il danno è fatto.
Il patrimonio culturalmente caratterizzante, nonché economicamente determinante, della Puglia messo in pericolo da una “fastidiosa” malattia del Sud America. Come spesso succede con il verificarsi di eventi nuovi e non conosciuti, l’iniziale contrasto alla Xylella fastidiosa ha dovuto fare i conti con strumentalizzazioni, teorie complottiste di facile presa, informazione poco chiara e precisa se non vera e propria disinformazione.
Si è perso tempo prezioso, quindi, nell’attuare rigide azioni di contenimento, come suggerito dalla comunità scientifica, che vede in prima linea l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante – IPSP – del Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR. Di conseguenza, si è ben presto arrivati a una diffusione tale della batteriosi da non poter ipotizzare una sua eradicazione; inoltre non sono tutt’oggi disponibili cure in grado di guarire le piante malate, anzi: le piante infette devono essere tempestivamente abbattute e isolate. Infine, non sono ancora note cultivar di ulivo immuni al batterio, ma solo cultivar tolleranti: Leccino e FS-17.
Bisogna dunque continuare a convivere con la Xylella, adottare adeguate misure di contenimento e prevenzione alla diffusione e confidare sulle progressive conoscenze acquisite dalla continua ricerca. In prima battuta è necessario agire sulla diffusione dell’insetto vettore, adottando adeguate misure agronomiche in grado di contrastare la sua azione, quali ad esempio: lavorazioni superficiali del suolo, potature periodiche, trattamenti insetticidi. Altra azione consiste nell’impianto di nuovi uliveti utilizzando le cultivar con caratteri di resistenza o tolleranza al batterio.
Infine, per salvaguardare gli ulivi secolari e monumentali, i “patriarchi” tra gli ulivi, che costituiscono un inestimabile patrimonio non riproducibile, ad oggi l’unico approccio possibile consiste nell’innesto di piante sane con il Leccino: si prova a mantenere l’essenza identitaria dello storico ulivo mediterraneo, inserendo una variabile di adattamento. Una piccola modifica della carta d’identità dei nostri ulivi.
In questo senso si è mossa anche la Regione Puglia, nell’ambito dell’attuazione del Piano straordinario per la rigenerazione ulivicola della Puglia, con il bando per la Salvaguardia ulivi secolari e monumentali. Unaprol, in collaborazione con Coldiretti Puglia, promuove iniziative di sensibilizzazione verso gli ulivicoltori pugliesi oltre a sostenere progetti concreti di innesto sugli ulivi monumentali ed è partner dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR in progetti e iniziative di contrasto alla diffusione della Xylella.
Dal punto di vista agronomico, la soluzione degli innesti – anche se eseguiti a regola d’arte – da sola non basta e va accompagnata da una serie di misure necessarie per aumentare le possibilità di successo dell’intervento: occorre sostenere le piante innestate mediante idonee concimazioni e irrigazioni di soccorso per favorire l’attecchimento e il successivo sviluppo degli innesti. Bisogna insomma seguire, curare e proteggere le piante innestate per salvarne la “stirpe”.
Una stirpe che ha una storia millenaria: l’Olea europaea – questo è il nome scientifico dell’ulivo – ha le sue origini nel Mediterraneo orientale e nel Medio Oriente. Furono i primi navigatori Fenici e Greci, e successivamente gli Arabi e i Romani a diffonderne la coltivazione lungo le pianure e le assolate colline della penisola italica, giungendo in Puglia dove ha trovato l’habitat ideale per crescere.
Nel Museo Nazionale di Taranto sono conservate tre anfore antiche e il sarcofago di un atleta che aveva partecipato alle Panatenee (le feste religiose più importanti) di Atene ed era stato premiato con vasi riccamente ornati contenenti olio di oliva, ricavato dagli ulivi piantati da Solone.
L'albero di ulivo è stato sempre considerato un simbolo di gloria, trionfo, onore, pace e abbondanza: la tradizione narra che Romolo e Remo nacquero sotto un albero d’ulivo, nell'antica Roma corone di fronde di ulivo, dedicato a Minerva e a Giove, onoravano i cittadini valorosi e incoronavano le teste degli sposi nel giorno delle nozze; persino i defunti venivano inghirlandati per simboleggiare la vittoria nelle lotte della vita.
La Piana degli Ulivi rappresenta l’area a maggior concentrazione di ulivi secolari, di cui molti millenari, ed è proprio in questa area che passa una delle vie più antiche, la via Traiana, fatta costruire dall’imperatore Traiano circa 2mila anni fa per favorire la comunicazione di Roma con il porto di Brindisi e con l’Oriente per il commercio dell’olio. Ragione per cui ai lati della via Traiana sono sorte un gran numero di antiche masserie, ognuna con il loro frantoio oleario ipogeo – scavato nella roccia – e i suoi alberi d’ulivo.
Questi alberi hanno una resistenza titanica e una forza vitale che li rende quasi immortali. Quasi.
Bisogna tenere alta l’attenzione sul problema Xylella, fare informazione e comunicazione in modo univoco e corretto, seguire e sostenere la ricerca scientifica, nella consapevolezza che non esistono né scorciatoie né cure miracolose.
La nostra generazione ha una grande responsabilità: ha il dovere di tramandare alle prossime generazioni il patrimonio olivicolo che, a nostra volta, abbiamo ricevuto grazie alla dedizione, all’impegno, ai sacrifici di chi ci ha preceduto. Dare un futuro ai nostri ulivi vuol dire consentire ai nostri vecchi “patriarchi” di continuare a vedere le prossime generazioni.
Un progetto, una missione: promuovere cosmetici di qualità e sostenibili per contribuire alla salvaguardia delle api, dell’ambiente e della nostra stessa vita.
Dagli incontri tra amiche per lo scambio di beni inutilizzati alla fondazione della Onlus che sensibilizza a una cultura di responsabilità e tutela ambientale.