Safar
con Carla

una scommessa
per viaggiare
da casa

Viaggiare non è per tutti. Perché richiede impegno, risorse, tempo. E la capacità di uscire dalla propria comfort zone. O semplicemente da casa. Con Safar, però, è spuntata un’alternativa che oggi è diventata un’opzione anche per chi è costretto all’immobilità.

Durante i primi mesi del 2020 abbiamo sperimentato il peso dell’immobilità, cioè dell’impossibilità di assecondare la naturale indole umana: muoversi. Per me, che ho fatto del mondo il mio luogo di lavoro, quell’esperienza è stata l’occasione per riconsiderare i parametri e rimettermi in gioco.
Nei giorni del lockdown la percezione degli spazi e delle distanze è stata completamente rivoluzionata. Tutto sembrava ridursi: la superficie delle nostre case, che sembravano più piccole di giorno in giorno, ma anche le distanze con il resto del mondo, sempre più vicino man mano che aumentava la nostra dimestichezza con la tecnologia.

Social, digitale, virtuale: gli aggettivi che fino a qualche anno fa erano poco familiari ora sono vocaboli correnti. E molti di noi hanno compreso di avere a portata di mano strumenti straordinari.

Durante il riposo forzato ho imparato a usarli meglio anche io e così ho iniziato a scrivere una newsletter mensile (l’ho chiamata Il mondo di Carla) indirizzata ai viaggiatori con cui ho condiviso un pezzo di mondo. In questo modo mi sembrava di aver trovato un filo che ci unisse, un modo per continuare a immaginare luoghi, tenendo aperta una finestra da cui guardare insieme lontano. Il riscontro è stato immediato ed entusiasta. Ogni commento si concludeva con l’augurio di poter tornare presto insieme a viaggiare e con il rammarico di non poterlo fare.
Nello stesso periodo ho mantenuto forte anche il contatto con le guide con cui lavoro da anni. Da Gerusalemme, Amman, Samarcanda, Il Cairo, Kyoto, persino da Damasco, lo scambio con i colleghi lontani mi riportava sempre la stessa eco: “siamo a casa, senza lavoro e con prospettive difficili.”

Insomma, da una parte c’era chi desiderava partire in compagnia e non poteva muoversi, dall’altra chi si trovava in quei luoghi ma senza possibilità di lavorare. L’idea di unire questi due estremi mi è venuta parlando con un’amica editrice, Anita Molino. “Sarebbe bellissimo poter organizzare un viaggio virtuale di gruppo per dare la possibilità alle persone di trovarsi tutti insieme in un luogo lontano senza uscire di casa e, nello stesso tempo, consentire alle guide di lavorare”, le ho detto. “Facciamolo!”, mi ha risposto.

Così è nato il progetto Safar con Carla: viaggi virtuali accompagnati in diretta live da una guida locale.
Avevo in mente di ricreare la stessa atmosfera di condivisione che c’è in un viaggio tradizionale in cui ci si incontra, ci si scambiano idee, si fanno domande alla guida, ci si chiama per nome, si interagisce. Non il solito documentario o il solito racconto a senso unico. Volevo che i partecipanti avessero davvero l’impressione di trovarsi altrove.

Ho deciso di cominciare dai luoghi che conosco meglio e dove sapevo di poter contare su guide locali che negli anni sono diventati amici. Mi è bastato contattarli e spiegare loro il progetto che hanno tutti accolto con entusiasmo. Per loro, inoltre, sarebbe stata un’occasione di lavoro nel momento in cui nessun turista poteva partire davvero.

Il lavoro di preparazione vero e proprio è cominciato con la progettazione dell’itinerario.
Da anni è il cuore del mio lavoro, quello che faccio come Travel Coach® e che insegno a fare agli studenti universitari. Questa volta però dovevo affrontare una sfida in più perché dovevo costruire il percorso di una passeggiata virtuale. Insieme a ogni guida ho scelto le tappe e testato il percorso cronometrando tempi e spiegazioni e cercando di individuare le difficoltà. Loro sul posto camminavano con la telecamera del cellulare aperta, io da casa seguivo prendendo appunti e valutando i risultati.

L’obiettivo era di riuscire a trasmettere alle persone che ci avrebbero seguito attraverso un monitor la sensazione di trovarsi davvero sul posto. Bisognava cronometrare i tempi per le spiegazioni perché non fossero troppo lunghe, scegliere tappe facilmente riconoscibili, evitare spostamenti noiosi e concludere l’itinerario là dove ci fosse posto per rispondere alle domande senza essere disturbati da rumori eccessivi o dal traffico.
Bisognava tenere conto della durata totale del Safar (un’ora e mezza) e non dimenticare mai la differenza che c’è tra passeggiare davvero in una città e seguire invece quella passeggiata attraverso un monitor. E poi c’era da considerare che il collegamento internet in alcune località non è perfetto.

Nel cuore della Città Vecchia di Gerusalemme, per esempio, le mura spesse e la presenza di stazioni di controllo non rendono stabile la linea ovunque. All’interno del sito di Petra il Wi-Fi era stato disattivato con la chiusura per pandemia; nel suq del Cairo, quando c’è molta gente, le linee sono sovraccariche. 
Ma non solo. A Gerusalemme non potevamo organizzare Safar di sabato, per evitare di riprendere casualmente le persone nel giorno di Shabbat; a Damasco la guida locale non poteva girare con lo stabilizzatore per evitare di essere fermato dalla polizia segreta, nei giorni di Ramadan dovevamo rispettare gli orari dei pasti e via dicendo.

Non abbiamo mai nascosto le difficoltà, anzi ne abbiamo fatto un punto di forza perché anche un viaggio vero può andare incontro all’imprevisto.

Il successo è stato immediato e per lunghi mesi abbiamo replicato i Safar con Carla ogni sabato e domenica. Poi, con la fine del lockdown, chi poteva viaggiare ha ricominciato a farlo davvero. Noi però abbiamo ereditato la consapevolezza che anche dopo la fine delle restrizioni ci sono persone che non hanno la possibilità di muoversi per ragioni legate a situazioni familiari, economiche o di salute.

Allora Safar con Carla si è evoluto.

Abbiamo lavorato con Enti del Turismo e tour operators che ne hanno fatto un modo per promuovere le destinazioni senza doversi spostare e quindi riducendo il carico economico, ma soprattutto abbiamo portato il nostro progetto nelle scuole.

Guardare i ragazzi che si ritrovano per le strade di Kyoto insieme a Kae e che le chiedono in diretta cosa ci sia scritto su un cartello, oppure i bambini delle elementari che si emozionano mentre camminano in tempo reale con Akef ai piedi delle Piramidi di Giza, è emozionante.

 

Safar con Carla ha un’ambizione in più: diventare un’alternativa ai programmi televisivi nelle residenze per anziani, dove ci sono persone che hanno viaggiato o che non hanno mai potuto farlo e alle quali per un’ora e mezza ci è concesso di regalare un’evasione totale dagli spazi in cui continuano a essere confinati.

“Safar” in arabo 
significa viaggio. 
Senza confini. 
E senza limiti.
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