DIETA MEDITERRANEA:
SALUTE, CULTURA E SOSTENIBILITÀ
Non è solo uno stile alimentare salutare riconosciuto dai medici di tutto il mondo o un insieme di riti e usanze folkloristiche come ha sancito l’UNESCO. La dieta mediterranea oggi è, soprattutto, un modello alimentare sostenibile da promuovere e salvaguardare.

Sul Mar Mediterraneo si affacciano tre continenti, si parlano oltre duecento idiomi e si professano le tre grandi religioni monoteiste. Eppure, in questo bacino di inesauribili diversità, si è venuto a creare un insieme di valori e usanze che ruotano attorno al cibo dal significato comune e che oggi rappresentano un modello di sviluppo sostenibile, da tutelare e tramandare.
Dalla Spagna alla Croazia, dal Libano alla Francia, dal Marocco all’Albania, esiste infatti una tradizione culinaria comprendente una serie di competenze, che vanno dalla produzione alla tavola, e che ha preso il nome di dieta mediterranea.  

Le tante forme del pane, i vari tipi di pasta, la pizza, il cous cous o la paella, i formaggi e le verdure, i legumi, l’olio d’oliva e il vino sono nati e si sono radicati nel Mediterraneo. Da qui sono partite le navi che scoprirono l’America, da dove sono stati importati alimenti fondamentali (come il pomodoro, le patate o i fagioli), ed è da qui che arrivavano le merci provenienti dall’Africa centro-meridionale e dall’Estremo Oriente. I fattori climatici, uniti ai divieti e alle prescrizioni religiose, hanno fatto il resto.
Ecco spiegata una dieta basata prevalentemente sul consumo di verdure, cereali, legumi, frutta, pesce, poca carne e pochi grassi animali.

La dieta mediterranea si distingue per il suo equilibrio nutrizionale, anche se sarebbe più completo parlare di equilibri: non è solo una lista di ingredienti ma è un atteggiamento che riguarda salute, ambiente e cultura che convivono armonicamente nel formulare un vero e proprio stile di vita.

I primi studi sulle abitudini alimentari dei popoli del Mediterraneo risalgono agli anni Cinquanta ad opera del fisiologo statunitense Ancel Benjamin Keys, considerato il precursore della dieta mediterranea. Negli anni Novanta il concetto fu rappresentato graficamente dalla ormai famosa piramide, con alla base gli alimenti da consumare quotidianamente e al vertice quelli invece il cui consumo va limitato.

 

Nella piramide alimentare mediterranea man mano hanno trovato spazio anche lo svolgimento di attività fisica moderata e regolare, un adeguato riposo, la convivialità, l’uso di prodotti stagionali, locali, freschi.
La dieta mediterranea è certificata per il suo valore culturale dall’UNESCO (che nel 2010 l’ha inserita nella lista dei patrimoni immateriali dell’umanità) e per il suo valore salutare dai medici di tutto il mondo.
Oggi è anche riconosciuta per essere un modello per uno sviluppo sostenibile.

Una dieta sostenibile rispetta la biodiversità e gli ecosistemi, è adeguata dal punto di vista nutrizionale e usa in modo efficiente le risorse naturali e umane.

Sulla base delle scoperte che correlano alimentazione e ambiente, la stessa piramide alimentare della dieta mediterranea può essere letta a rovescio per illustrare come l’impatto ambientale degli alimenti che fanno bene alla salute (posti alla base della piramide alimentare) è più basso, mentre l’impatto del consumo degli alimenti maggiormente dannosi per la salute (vertice della piramide alimentare) è il più elevato.

I principi di sostenibilità secondo i quali si basa la dieta mediterranea sono sostanzialmente legati al fatto che produrre frutta, legumi, verdura e cereali richiede un impiego di risorse naturali e di emissioni di gas serra minore rispetto alla produzione di carni e grassi animali.
Si stima che, per ottenere 100 calorie, la dieta mediterranea provoca un impatto ambientale di circa il 60% inferiore rispetto a un’alimentazione basata in misura maggiore su carni e grassi animali, come lo è ad esempio quella nordeuropea.
Anche i temi della stagionalità, del consumo di prodotti locali e della biodiversità si traducono concretamente in comportamenti sostenibili come la riduzione delle coltivazioni in serra, l’azzeramento dei costi di trasporto per merci in arrivo da Paesi lontani o la rotazione delle colture.
Oltre a benefici ambientali, una dieta sostenibile deve portare con sé anche benefici economici e sociali.
I primi sono presto detti. L’adozione di modelli alimentari e stili di vita come quello mediterraneo migliorano lo stato di salute con conseguente riduzione della spesa sanitaria nazionale. Non solo: privilegiando ingredienti di stagione e a basso costo (come i legumi e i cereali), la “spesa mediterranea” si rivela anche economica per le famiglie.
Il consumo di materie prime locali e stagionali, poi, comporta la valorizzazione delle aziende e dei territori con la relativa offerta enogastronomica. Tra i benefici sociali, oltre alla salute, la consapevolezza alimentare e il legame con il territorio, la dieta mediterranea promuove l’integrazione sociale.
Considerati gli effetti positivi su sfera sociale, economica e ambientale, si può considerare questo un modello altamente sostenibile e perciò scegliere la dieta mediterranea, sposandone lo stile di vita nella sua interezza, significa prendere consapevolezza del proprio pianeta e prendersene cura.

Anche al di fuori dell’area del Mediterraneo.

Tra i più incisivi a raccontare questo spazio non solo geografico, ma più che altro storico, culturale e umano, è stato l’antropologo e scrittore Predrag Matvejević che, nel suo Breviario mediterraneo, pubblicato per la prima volta nel 1987, scrive:

“Il Mediterraneo non è solo geografia. I suoi confini non sono definiti né nello spazio né nel tempo. Non sappiamo come fare a determinarli e in che modo: sono irriducibili alla sovranità o alla storia, non sono né statali né nazionali. […]”

Il Mediterraneo è un luogo senza tempo. Perché capace di essere passato, ma anche promessa. Per cui, la scommessa per il futuro è tutelare l’identità, la cultura e le colture del Mediterraneo e della dieta mediterranea, oggi più che mai intesa con il suo significato antico di diaita, parola greca che vuol dire “stile di vita” perché essa ha in sé – da sempre – tutto il necessario per prometterci un modello di sviluppo sostenibile.

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