redazione interna

Che cibo 
vogliamo?

Vero o finto? 
Naturale o artificiale?
Il mercato è guidato dalla domanda. E, sulla domanda, noi consumatori influiamo.

Il recente rapporto dell'IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change, sottolinea l'importanza dei cambiamenti nella dieta per ridurre le emissioni di gas serra: circa il 25% dei problemi ambientali attuali è legato alle nostre abitudini alimentari. Modificando la nostra dieta e aumentando il consumo di alimenti a base di vegetali e legumi, potremmo liberare milioni di chilometri quadrati di terra e ridurre le emissioni globali di CO2 fino al 21% entro il 2050.

Secondo la FAO, l'industria alimentare contribuisce a oltre un terzo delle emissioni globali di gas serra, e l'80% di queste sono attribuibili alla produzione di carne e derivati animali. Le carni bovine, suine e di pollame rappresentano il 93% del consumo mondiale di carne, la cui produzione dipende per almeno il 70% da allevamenti intensivi.

I metodi attuali di produzione della carne sono oggetto di forti critiche non solo per le evidenti questioni etiche relative al benessere animale, ma anche a causa dell’elevato consumo idrico, degli effetti sul disboscamento, del ruolo degli allevamenti intensivi nella diffusione di malattie zoonotiche e delle enormi quantità di gas serra rilasciate nell'atmosfera. Stiamo parlando, nello specifico, del metano. I ruminanti, come bovini e ovini, generano metano come sottoprodotto dei loro processi digestivi e lo rilasciano tramite esalazioni o letame, contaminando le falde acquifere. Questo sistema di produzione non solo risulta inefficace dal punto di vista dell'utilizzo delle risorse naturali, ma ha anche un impatto significativo sulla biodiversità locale, sugli ecosistemi circostanti e, ovviamente, anche sul cambiamento climatico.

La produzione di carne sintetica, o coltivata in laboratorio, richiedendo meno energia e risorse, potrebbe rappresentare una soluzione per ridurre l'impatto ambientale legato alla produzione di carne tradizionale. Resta comunque importante considerare anche gli aspetti legati all’impatto sociale, culturale ed etico delle nuove tecnologie alimentari oltre al rapporto costi-benefici e la variabile rifiuti. E su questi è aperto un dibattito internazionale.

Il concetto di cibo artificiale si riferisce ad alimenti che vengono creati in laboratorio utilizzando tecniche di ingegneria genetica e biotecnologie. La carne artificiale è un tipo specifico di cibo artificiale che cerca di replicare le caratteristiche della carne tradizionale senza l'utilizzo di animali.

Invece, la carne coltivata viene prodotta utilizzando cellule staminali prelevate da un animale vivo, fatte poi crescere in laboratorio con sistemi sofisticati per ottenere la carne desiderata.

La Commissione Europea ha espresso il proprio parere affermando che la carne artificiale è considerata un prodotto alimentare e che, pertanto, deve rispettare le normative europee in materia di sicurezza alimentare. Al momento, la carne sintetica non è ancora stata approvata per la commercializzazione nell'Unione Europea, ma sono in corso valutazioni scientifiche per determinare se è sicura e rispetta gli standard di qualità richiesti.

E mentre in Italia è ancora acceso e indefinito il dibattito sulla questione “carne coltivata”, in tutto il mondo sono emerse e si sono consolidate aziende innovative che producono "carne non carne", anche di origine vegetale.

Ne sono esempio Beyond Meat, fondata nel 2009 a Los Angeles da Ethan Brown, diventata uno dei marchi di riferimento per vegetariani e vegani con i suoi hamburger vegetali. Nel 2019, Burger King ha lanciato anche in Italia i suoi panini a base di proteine vegetali che ricordano il gusto della carne, ma non ne contengono.

Possiamo attribuire la nascita della carne in vitro, prodotta in laboratorio, al lavoro del professore americano di patologia Russell Ross, erano gli anni '50, mentre la prima dimostrazione pubblica della commestibilità della carne sintetica risale al 2013, a Londra. Il costo di un singolo hamburger di carne sintetica era di circa 375.000 euro.

Nel corso degli ultimi 10 anni, ovviamente, il costo è diminuito notevolmente.
Secondo il Good Food Institute, l'organizzazione internazionale no-profit che promuove le proteine alternative, entro il 2030 sarà possibile ridurre il costo della carne sintetica di oltre 8.000 volte, passando dagli attuali 18.000 dollari a soli 2,50 dollari al chilo. Per raggiungere questo obiettivo, sono necessarie produzioni su larga scala e ricerche condivise a livello internazionale.
Il settore delle proteine alternative, in continua evoluzione, oggi conta oltre 1.000 startup a livello globale. Alcune di queste aziende lavorano su prodotti finiti, mentre altre creano servizi, attrezzature, ingredienti o software che permetteranno al settore di prosperare.

Ogni anno il Good Food Institute offre a startup emergenti l'opportunità di presentare le loro innovazioni nel settore alimentare. Per citarne alcune, nell’autunno 2023 sono state 6 le realtà che, tra le centinaia candidate, hanno superato la speciale selezione: BioBetter, una startup di agricoltura molecolare focalizzata sull'utilizzo delle piante di tabacco come efficienti fabbriche di proteine; Cultivated Biosciences, che ha creato un ingrediente cremoso privo di latticini per migliorare la consistenza dei prodotti lattiero-caseari a base vegetale attraverso una fermentazione di biomassa; Dynacyte Biosciences con il suo sistema di bioreattori per la carne coltivata e la fermentazione di precisione; Extracellular permette la scalabilità del processo di produzione della carne coltivata fornendo servizi di produzione e R&S; HERlab, la startup di biologia sintetica che combina tecnologie all'avanguardia, AI e competenze interdisciplinari per creare una piattaforma che scopre e ottimizza microrganismi di prossima generazione per la fermentazione di precisione; Unlimeat, produce prodotti a base vegetale, inclusa carne, pesce e latticini, con texture e sapori diversi.

Ma esiste anche una realtà che crea cacao sostenibile coltivato in laboratorio, il California Cultured, é una deep-tech israeliana che sviluppa carni coltivate utilizzando tecnologie di stampa 3D, la Steakholder Foods che, in collaborazione con la Umami Meats di Singapore, ha anche realizzato il primo pesce pronto da cuocere e stampato in 3D.

Filetti creati utilizzando cellule di cernia, coltivate e cresciute in laboratorio e poi trasformate in muscoli e grasso. Un ultimo passaggio prevede l’aggiunta di bio-inchiostro per dare al prodotto caratteristiche simili a quelle del pescato.

La stampa 3D alimentare è una tecnologia che può essere applicata a diversi tipi di cibo, come crackers, biscotti, pizze, polpette e hamburger, compresa la carne. La carne stampata può essere a base di ingredienti vegetali o derivare dalla duplicazione di cellule animali: viene realizzata utilizzando una tecnologia simile a quella utilizzata per le torte, ma al posto della marmellata vengono utilizzate cellule di carne coltivata.

E dal punto di vista nutrizionale? la carne artificiale cerca di replicare i valori nutritivi della carne tradizionale. Ci sono ovviamente ancora alcune incertezze sulla salute a lungo termine legate al consumo di carne artificiale, e sono dunque necessarie ulteriori ricerche prima di considerarla un alimento di utilizzo quotidiano. Le fonti proteiche alternative come la carne coltivata, gli alimenti proteici a base vegetale e la farina di insetti potrebbero essere una soluzione ai problemi di alimentazione dell'umanità, una review pubblicata su Global Food Security ha definito queste opzioni come "prospettive interessanti", ma ancora necessitano di ulteriori ricerche, studi, dati, trasparenza e informazione corretta.

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