Festival della Mente, la fucina di riflessioni multidisciplinari e attuali per un pubblico ampio e intergenerazionale. Perché il motore del mondo sono le idee!
Inizia con “SOS”, un monito ad agire, ad allertare tutti i sensi per affrontare una situazione di emergenza. Ma oggi è talmente abusata che non mi piace più: dilaga il greenwashing, tutto viene spacciato per “green”, amico del pianeta, salvo poi scoprire che inquina o danneggia di più.
E siccome io con le parole ci lavoro, ho iniziato a cercare dei sinonimi più efficaci.
Come “rigenerazione”, che contiene il termine “generare” e significa dare nuova vita a ciò che è già esistente, e “re-voluzione”, un termine che mi ha suggerito il grande pianista Giovanni Allevi e che ha creato unendo due parole spirituali: “rivoluzione ed evoluzione”. Un concetto che ambisce a smuovere le coscienze per formare una nuova identità collettiva, una generazione di persone più evolute, appunto, e consapevoli.
Ho sempre avuto insita in me una grande forza rigenerativa, la necessità di mettere a posto le cose che non andavano bene. Terzogenita di genitori separati, a me è sempre toccato il compito della negoziazione e della diplomazia: ascoltare, trovare le parole giuste per aggiustare i cocci rotti o per curare le ferite. Crescendo, questa naturale inclinazione ha trovato una missione ben più ambiziosa. Ho avuto la fortuna di imbattermi sui temi della tutela ambientale, tra i primi giornalisti in Italia.
Era il 2003, quando la neonata Cairo Editore lanciava Natural style, il primo mensile femminile eco-orientato dal taglio glamour che affrontava tematiche allora poco dibattute come il cibo biologico, la permacultura, la salute olistica, i viaggi sostenibili.
L'idea era di creare un filo verde che unisse un target di persone già attento a queste tematiche e costruire un’identità collettiva con più appeal, più attraente e pop, intesa come popular: la sfida era scardinare lo stereotipo che fino a quel momento aveva identificato le persone che abbracciavano uno stile di vita “alternativo” come poco attente alla cura di sé, alla moda, alla cultura del bello.
Ricordo che i capi di abbigliamento amici del pianeta in quel periodo avevano tagli abbondanti, tessuti poco confortevoli e tonalità tristi – beige, panna, bianco sporco erano i must delle palette colore. Uno stile alla “Inti-Illimani”, come mi divertivo a definirlo con le colleghe con cui dividevo un open space in Corso Magenta, sede di quella che sarebbe diventata nel tempo la più grande casa editrice italiana.
A luglio 2023 festeggeremo 20 anni dalla nascita di Natural style, 20 anni in cui ho intervistato veri e propri visionari – prima fra tutti Simona Roveda, la “mamma” di LifeGate, ancora oggi mia amica e guru – che mi hanno aiutata ad aumentare le mie competenze e a perseguire un goal comune: fare capire alle persone che tutti insieme possiamo cambiare rotta e salvare il nostro pianeta.
È stato proprio durante una delle mie interviste “Natural” che ho avuto l’opportunità di incontrare una donna fondamentale nella mia carriera di giornalista. Era il 2013 e Caterina Balivo conduceva la prima edizione di Detto Fatto, il programma di tutorial di Rai 2 che nasceva con lo scopo di insegnare alle persone a “fare” (dalla cucina con gli avanzi ai lavoretti fai da te, sino al trucco e ai rimedi di bellezza naturali).
Insieme abbiamo dato vita al primo spazio “green” in una trasmissione di intrattenimento pomeridiano della Rai. Una chiacchierata di pochi minuti sui vip e divi di Hollywood che abbracciavano stili di vita sostenibili – allora erano ancora pochi – per spingere gli spettatori che seguivano il programma a emulare i propri beniamini e diventare più virtuosi nella vita di tutti i giorni.
Nel corso delle stagioni, grazie a Endemol e a Marzio Carlessi – autore dall'animo verde – lo spazio è evoluto in un contenitore di 15-20 minuti: il “primo quiz green della televisione italiana” che ho ideato, scritto e co-condotto prima con la Balivo e poi con Bianca Guaccero. Un gioco a risposta con sfide e domande che riguardavano i comportamenti e le scelte consapevoli da adottare al supermercato, dal pescivendolo ma anche a casa e durante le feste natalizie.
Anche qui, l'idea di base era sviluppare empatia nei telespettatori riguardo a temi che sentivano lontani: il gioco ci consentiva di creare partecipazione, divertire e allo stesso tempo far capire ai telespettatori che ognuno di noi ha una responsabilità e un ruolo da giocare nella salvaguardia del pianeta.
Il mio percorso negli ultimi anni si è tinto sempre più di blu. Grazie all'incontro con un'altra donna visionaria – la funzionaria UNESCO Francesca Santoro (Senior Programme Officer della Commissione Oceanografica UNESCO e Responsabile a livello mondiale di Ocean Literacy-Educazione all'Oceano), che mi ha voluta nel team del Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile (2021-2030). Si tratta di una grande campagna internazionale lanciata dalle Nazioni Unite per creare un circolo virtuoso che connetta le persone tra loro e all’oceano.
Abbiamo mappato circa il 23% del fondale marino: lo conosciamo ancora troppo poco. C'è tantissima strada da fare. Io aiuto a “sciogliere” i concetti troppo complessi degli scienziati, studio strategie e progetti per arrivare diretti al cuore. Per contribuire a creare una Generazione Oceano, una nuova identità collettiva fatta da persone non solo pienamente consapevoli di quanto l'oceano sia fondamentale per la vita sul nostro pianeta, ma con la voglia di agire in prima persona.
Anche perché non c'è più tempo, siamo l'ultima generazione che può invertire la rotta.
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© DettoFatto
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Il benessere è circolare. Parola di un’executive coach, impegnata nel riaccendere le scintille degli animi umani per la costruzione di un mondo migliore.